In Spagna, come in molti altri Paesi europei, fino a questo momento la legislazione prevedeva che, per chiedere il cambio di sesso legale, le persone transgender dovessero sottoporsi ad almeno due anni di cure ormonali e presentare un certificato medico che dichiarasse la disforia di genere. Le cose, tuttavia, stanno finalmente per cambiare.
A febbraio 2022 era stata presentata una petizione al Parlamento spagnolo che chiedeva di consentire alle persone trans* di autodeterminarsi senza la necessità di una diagnosi medica, snellendo quindi il processo amministrativo e burocratico, e di riconoscere legalmente le identità non binarie. La petizione era stata a lungo dibattuta dai parlamentari, ma nessun provvedimento era stato messo in atto.
La svolta è arrivata ieri nella giornata del 27 giugno, quando il Consiglio dei Ministri ha approvato la proposta di legge presentata dal partito di sinistra United We Can. La bozza prevede che tutti cittadini al di sopra dei 16 anni potranno cambiare legalmente il proprio sesso semplicemente dichiarando il proprio desiderio di fare ciò con una duplice richiesta nell’arco di quattro mesi, per i ragazzi dai 14 ai 16 anni servirà il consenso dei genitori mentre tra i 12 e i 14 anni sarà necessaria anche l’autorizzazione di un giudice.
La proposta di legge dovrà ora passare in Parlamento per l’approvazione definitiva, ma si tratta comunque di un notevole passo avanti per il Paese. Il Ministro per le Pari Opportunità Irene Montero ha subito dichiarato: «Vogliamo inviare un messaggio molto chiaro che la vita delle persone LGBTQ è importante, oggi ci poniamo nuovamente all’avanguardia dei diritti LGBTQ».
Con un notevole sguardo aperto all’inclusione, i diritti introdotti dalla nuova legge si estenderanno anche a tutti coloro che risiedono in Spagna ma non hanno la cittadinanza spagnola perché, ha continuato Montero, «i loro diritti non sono garantiti nei loro Paesi d’origine».
Il percorso della proposta di legge non è stato semplice. Tra i principali detrattori il Partito Socialista di cui fa parte anche il Primo Ministro Pedro Sánchez, contrari all’autodeterminazione per una motivazione “femminista”, temendo che il tutto sarebbe andato a sfavore delle donne in alcuni ambiti come lo sport. Questa linea è stata però rigettata dallo stesso Primo Ministro, che ridisegnando il suo gabinetto ha rimosso il vicepresidente più accanito contro il disegno di legge.
La questione dell’autodeterminazione è una questione al momento scottante non solo in Spagna – dove anche il Comitato trasversale per le donne aveva richiesto di togliere il requisito della diagnosi medica -, ma anche in Inghilterra, dove recentemente attivisti e politici alleati hanno iniziato una campagna per riformare il Gender Recognition Act. Nonostante siano stati iniziati alcuni dibattiti, il governo Tory ha però deciso di ignorare le richieste della società per il cambiamento.
Il governo spagnolo, che ha definito la riforma come non solo sociale ma anche morale, si appresta quindi ad approvare la nuova legge, che nelle prossime settimane verrà discussa in Parlamento. Un tempismo perfetto, se si considera che la Pride Week di Madrid inizierà proprio il prossimo venerdì.
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