La differenza è parte integrante dell’esperienza umana. Si stima che, in Italia, circa il 5% della popolazione sia nata – o abbia nel tempo acquisito – una disabilità più o meno grave. Nel mondo, le persone con disabilità risultano la più grande minoranza marginalizzata, rappresentando circa il 15% della popolazione globale.
Nonostante i dati e le informazioni oggi a nostra disposizione, tuttavia, l’abilismo risulta una delle forme di pregiudizio ancora più diffuse. Vediamo di cosa si tratta.
Cos’è l’abilismo?
L’abilismo perpetua una visione negativa verso la disabilità. Nell’ideale collettivo, una persona “sana” è la norma, lo status desiderabile, mentre una affetta da disabilità è percepita come un’anomalia – un difetto.
È una forma di oppressione sistematica che colpisce le persone con disabilità, ma non solo: anche le persone “apparentemente” disabili subiscono questo tipo di discriminazione – come ci mostra spesso la grassofobia.
Proprio come accade per qualunque forma di oppressione, alle volte gli atteggiamenti perpetrati in questa direzione sono così subdoli che non vengono razionalmente percepiti neanche dal “colpevole”. In questo caso, si parla di bias implicito.
Il bias implicito verso le persone con disabilità è tristemente comune. Si stima che il 76% delle persone – affette o no da disabilità – abbiano infatti un pregiudizio irrazionale verso la disabilità.
Diversi studi hanno dimostrato che l’abilismo – il nome che viene dato a questo particolare pregiudizio – sia la forma più comune di discriminazione e di bias implicito, sorpassando anche quello verso genere, etnia, orientamento sessuale e identità di genere.
Tipi di abilismo
L’abilismo può manifestarsi in diversi modi e a diversi livelli societari:
- A livello istituzionale, come ad esempio l’abilismo medico, che trova le sue radici nell’idea che la disabilità sia un problema da risolvere a tutti i costi, invece che qualcosa da accettare e con cui convivere in alcuni casi.
- A livello interpersonale, in situazioni sociali. Ad esempio, i genitori o i parenti di una persona affetta da disabilità vorranno “trovare una cura” anche quando questa non è possibile, invece di accettare e convivere con essa.
- A livello interno: proprio come l’omofobia interiorizzata, anche la persona affetta da disabilità potrebbe trovarsi a essere influenzata dall’abilismo esterno. Ad esempio, l’assenza di barriere architettoniche potrebbe essere vista come un privilegio da alcuni, invece che come un diritto.
L’abilismo presenta inoltre anche diverse forme nel suo perpetrarsi:
- Abilismo ostile, ovvero politiche e atteggiamenti apertamente aggressivi verso le persone affette da disabilità – si pensi al bullismo e alla violenza eclatante.
- Abilismo pietoso, ovvero una forma di abilismo più subdola, in cui la persona affetta da disabilità viene vista come debole, vulnerabile e “da aiutare”. Questo atteggiamento paternalistico va a minare l’autodeterminazione della persona colpita, andando a rafforzare una dinamica di potere estremamente sbilanciata.
- Abilismo ambivalente, ovvero una combinazione di pietà e ostilità, che avviene quando una persona che assume dapprima un atteggiamento paternalistico finisce per diventare ostile quando gli viene fatto notare il suo bias implicito.
Un fattore importante da considerare in tutto questo è come la percezione dei diversi tipi di disabilità influisce sul conseguente atteggiamento. Ad esempio, le discriminazione verso le persone cieche sarà diversa da quella perpetrata verso coloro i portatori di una disabilità non immediatamente percepibile.
Ulteriori differenze di trattamento si applicano spesso nei casi di disabilità cognitive o fisiche, e a seconda di quanto una condizione di disabilità sia conosciuta dalle persone comuni. Inoltre, c’è da considerare lo stigma e gli stereotipi che colpiscono le persone con specifiche e particolari forme di disabilità.
Esempi di abilismo
Come per qualsiasi forma di oppressione sistematica, anche l’abilismo si presenta in diverse forme, alcune più aggressive, altre più subdole.
Abilismo linguistico
Esistono diversi esempi di abilismo nel linguaggio comune. I termini “idi*ta” o “rit*rdato” derivano spesso da un retaggio medico con cui venivano descritti determinati tipi di disabilità. Oggi, tuttavia, le persone utilizzano questi termini ormai superati come insulti.
Barriere architettoniche
Quando edifici, condomini, spazi pubblici, prodotti e tecnologie si rivolgono esclusivamente a un pubblico di persone non affette da disabilità, si tratta di una forma di abilismo.
Esempi possono essere siti web senza facilitazione per la lettura, palazzi inaccessibili per le persone in carrozina e marciapiedi pullulanti di ostacoli a cui una persona non affetta da disabilità non farebbe caso.
Discriminazione educativa
Esistono, in Italia, tantissimi istituti scolastici inaccessibili alle persone affette da disabilità. Ma per discriminazione educativa si intende anche quell’atteggiamento in cui l’educatore rifiuta di comprendere la disabilità, spesso punendo dislessia e discalculia invece che comprenderle.
Disciminazione sul lavoro
Tantissimi datori di lavoro si trovano spesso a pensare a un dipendente affetto da disabilità come un “peso” o un lavoratore comunque meno produttivo anche se non è così. La conseguenza è un ambiente di lavoro ostile per la persona affetta da disabilità, che spesso è costretta ad andarsene.
Qual è l’impatto dell’abilismo?
L’abilismo può colpire chiunque. Va infatti a modellare l’idea generale che le persone hanno verso la disabilità fisica o cognitiva – qualcosa da cui nessuno è immune, e che potrebbe colpire chiunque. Ma direttamente, l’atteggiamento abilista danneggia la società andando a ridurre – per il 15% della popolazione mondiale:
- La libertà personale e l’autodeterminazione di ciascun individuo
- I livelli di occupazione e benessere
- La tutela verso gli episodi di bullismo, molestie e violenza – ricordiamo che, con l’affossamento del DDL Zan, non esiste il reato d’odio con l’aggravante dei motivi abilisti
Cos’è il movimento contro l’abilismo
Il movimento contro l’abilismo si propone, appunto, di combattere gli atteggiamenti fin’ora descritti. Comincia con il riconoscimento effettivo di un problema serio e gravissimo, e del privilegio a cui le persone non affette da disabilità possono usufruire anche grazie ad atteggiamenti oppressivi.
Le persone non affette da disabilità non devono infatti preoccuparsi delle barriere architettoniche o della discriminazione abilista, e possono quindi lavorare per estendere il diritto a pari dignità e trattamento per chi, al momento, si trova in una situazione vittimizzante. Ecco come:
- Educandosi sul tema della disabilità – cosa significa e che impatto essa ha sulla vita delle persone
- Educandosi sull’abilismo, sugli stereotipi e sulla storia del movimento per i diritti delle persone affette da disabilità
- Prediligere fonti provenienti da persone affette da disabilità quando si ricerca l’argomento
- Non voltare la testa dall’altra parte nei casi in cui si assista a un atteggiamento discriminatorio e violento verso le persone affette da disabilità
- Sostenere l’abbattimento delle barriere architettoniche
- Rispettare anche le disabilità cosiddette “invisibili”
- Agire contro l’abilismo nelle situazioni in cui si detiene un’influenza su politiche aziendali, educative sociali o istituzionali
Infine, l’ultima parola deve sempre essere riservata agli attivisti affetti da disabilità, che devono essere visti come i veri portabandiera del movimento.
Un atteggiamento prevaricante e performativo (anche se in buona fede) non fa altro che perpetrare, ancora una volta, lo stereotipo secondo il quale la persona affetta da disabilità dipende dal supporto delle persone non affette.
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