Come fare politica lesbica transfemminista oggi? Lo abbiamo chiesto ad Alice Coffin (intervista)

Giornalista, politica e attivista lesbica francese. Dopo mesi di proteste contro Macron, la sua partecipazione a Sherocco Festival in Puglia ci ha offerto l’occasione per conoscere più da vicino la situazione francese e insieme le ragioni della militanza lesbica transfemminista.

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politica lesbiche transfemministe alice coffin
politica lesbiche transfemministe alice coffin
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Alice Coffin è una giornalista, politica e attivista lesbica francese, consigliera comunale a Parigi per il partito Europe Ecologie – Les Verts (EELV). In aprile si è candidata alle elezioni consultive dell’EELV per potersi poi candidare al Senato il prossimo settembre, scontrandosi con l’opposizione dei vertici del partito nonostante il gradimento della base. Sono mesi di proteste contro il presidente Macron e la partecipazione di Coffin a Sherocco (il festival queer cui abbiamo partecipato a Ostuni) ci ha offerto l’occasione per conoscere più da vicino la situazione francese e insieme le ragioni della militanza fuori e dentro la politica istituzionale. 

*ringraziamo Silvia Casalino e Sara Garbagnoli per la traduzione, e Claudia Borgia per le fotografie scattate al festival Sherocco

alice coffin intervista sherocco
Alice Coffin a Sherocco

Come nasce il tuo attivismo e qual è il tuo rapporto con il Mouvement de Libération des Femmes?

All’attivismo non sono arrivata per rabbia o attraverso la lotta, ma per gioia. Quando avevo vent’anni ho visto il documentario Debout! (In piedi!) della regista Carole Roussopoulos sul Mouvement de Libération des Femmes (MLF, movimento di liberazione delle donne) e mi sono detta: “è questo che voglio fare nella mia vita: la militanza femminista!. Ancora non conoscevo gli scritti di Monique Wittig o di Christine Delphy, perché purtroppo i loro testi non vengono insegnati nelle università francesi. Vedere le azioni radicali (e intrise di ironia) realizzate dalle militanti del MLF è stata per me una liberazione, e l’origine della mia politicizzazione. Nel 2020, insieme ad altre compagne femministe, abbiamo deciso di celebrare i cinquant’anni dell’azione militante che ha mediaticamente costituito la nascita del MLF nel 1970. Il 26 agosto 1970 infatti, alcune militanti, tra cui Delphy e Wittig, avevano deposto una corona di fiori sulla tomba del milite ignoto che si trova sotto l’Arco di Trionfo a Parigi. Su uno degli striscioni che accompagnava la corona c’era scritto: “C’è chi è più ignoto del milite ignoto: sua moglie”. Nel 1970 quelle militanti furono fermate dalla polizia e vennero portate in un commissariato. Cinquant’anni dopo la polizia è di nuovo intervenuta, cercando di impedirci di celebrare l’anniversario. Ho scritto un libro, ho scritto articoli, sono stata eletta, ma ciò che ancora oggi amo di più del femminismo è proprio l’azione diretta. Per questo motivo devo molto al collettivo femminista “La Barbe”, che con azioni dirette denuncia l’assenza o la sotto-rappresentazione delle donne nei diversi campi del sapere o del potere. Preparare un’azione femminista insieme alle altre militanti è anche un modo per creare unità politica e insegnare a ciascuna di noi l’arte di non avere più paura. 

Come convivono oggi femminismo e lesbismo nella sfera politica?

Essere femminista e/o essere lesbica nel campo politico oggi significa essere un corpo estraneo, un corpo che deve essere escluso. La politica è stata fondata dagli uomini per gli uomini. La mera presenza di femministe e/o di lesbiche nel campo politico è di per se stessa un’anomalia. L’ho sperimentato non appena sono stata eletta al consiglio comunale di Parigi nell’estate del 2020. Nel giro di un paio di settimane, numerosi politici hanno chiesto di escludermi dalla maggioranza e hanno cominciato a spiegarmi che sedere in un’assemblea politica non era per me. L’antifemminismo e la lesbofobia sono presenti ovunque nella società, ma nella sfera politica prendono una piega particolare perché la posta in gioco è molto alta: si tratta di chi detiene il potere politico. Il desiderio di eliminare le femministe e le lesbiche è quindi particolarmente forte e si esprime in modo violento.  

Recentemente sei stata candidata alle consultive di Europe Ecologie –  Les Verts e i voti dei e delle militanti per te sono stati moltissimi, ma la scelta di chi potrà presentarsi al Senato è poi stata di fatto condizionata dal voto di una commissione elettorale permanente in seno al partito, che non ne ha voluto tenere conto. Non appena hai saputo dell’esclusione hai dichiarato:

Nei partiti politici si riproducono i meccanismi di dominio e di violenza, volti a eliminare determinate persone, le stesse che l’estrema destra brutalizza e vuole spazzare via”.

La Commissione ha preferito candidare l’europarlamentare Yannick Jadot, che vuole essere eletto al Senato semplicemente per preparare il terreno per la propria candidatura a sindaco di Parigi nel 2026. Come ti eri avvicinata inizialmente al partito ecologista e come sono andate le cose? 

Non volevo entrare in politica. Sono stati alcuni membri e membre del partito ecologista a propormi di candidarmi alle elezioni municipali del 2020 a Parigi. I partiti politici possono avere bisogno di militanti, ma solo fino a un certo punto. Negli ultimi tre anni ho cercato di contribuire a far eleggere altrз attivistз antirazzistз, lesbiche e femministe, ma mi sono scontrata con un muro di tremende resistenze. L’esempio di quanto è successo in occasione della costruzione della lista delle candidature ecologiste alle prossime elezioni senatoriali di Parigi è un caso da manuale. Ho ottenuto moltissimi voti, ma la direzione del partito si è rifiutata di darmi il posto nella graduatoria delle candidature che mi spettava di diritto in base al numero di voti ricevuti. Preferiscono eleggere persone come Yannick Jadot, che ha ottenuto un risultato disastroso quando era candidato dei Verdi alle presidenziali del 2022. Oltre alla sconfitta elettorale, Jadot è costato al partito milioni di euro, ma ora viene scelto per essere candidato al Senato. Per la campagna senatoriale ho potuto contare su una squadra straordinaria. Abbiamo fatto un lavoro enorme, creando occasioni di incontro politico, realizzando interviste, podcast, presentazioni. Il nostro obiettivo era quello di informare elettrici ed elettori sull’elezione senatoriale che in Francia resta assolutamente opaca, quanto a funzionamento. Yannick Jadot e Antoinette Guhl non hanno fatto alcuna campagna elettorale per poter comparire sulle liste degli eleggibili al Senato per EELV: sapevano già che sarebbero stati scelti dal partito. Questo tipo di politica fatta dall’alto è un disastro che nuoce alla democrazia. La sinistra ha una grande responsabilità nel suo non lottare in questa direzione per cambiare le cose. Ne ho appena parlato con alcuni amici e amiche politiche greche e spagnole: concordiamo sul fatto che la gravità della situazione politica attuale è principalmente responsabilità dell’estrema destra che sta arrivando al potere quasi ovunque. Ma la responsabilità dei partiti di sinistra è enorme in questo processo di de-democratizzazione. I partiti di sinistra si comportano spesso secondo logiche partitiche. Intendo dire che fanno eleggere persone che non lavorano abbastanza né per un progetto di sinistra, né per la democrazia e che non hanno la tempra per lottare contro l’estrema destra. Basta dare uno sguardo alla lista dei candidati e delle candidate scelte dalla coalizione di sinistra (che riunisce socialisti, comunisti e ecologisti) per constatare il disastro in corso. La sua composizione non riflette in alcun modo le lotte attuali: anticapitaliste, ecologiste, femministe, lgbtqia+, antirazziste.

Secondo alcunз, un caso come il tuo è la conferma che i partiti sono e rimarranno impenetrabili, perciò la politica vera, l’unica scelta radicale che possa dare risultati tangibili nel tempo, sarebbe quella che si può praticare fuori dai palazzi. 

Nonostante tutto, resto ottimista. Tutte le campagne politiche che abbiamo condotto con gli attivisti e le attiviste hanno ottenuto ottimi risultati da parte della base, ed erano campagne fatte senza risorse economiche. Credo che chi appartiene agli apparati partitici sappia ormai bene che candidature come la mia, per così dire outsider, rivelino la loro mediocrità [la mediocrità degli apparati partitici, ndr]. Per questo motivo hanno eretto ed erigono tante e tali barriere al nostro ingresso nella sfera politica. Quello che facciamo fuori dai luoghi del potere come militanti è estremamente importante, ma non è sufficiente. Credo davvero ormai nella necessità di un’alleanza tra attivismo e politica professionale, un’alleanza che leghi politica interna e politica esterna al campo politico propriamente detto. Rispetto alle istituzioni politiche elettive occorre, cioè, essere ad un tempo “dentro e fuori” come sostiene Alexandria Ocasio-Cortez. È questo posizionamento ad avermi permesso di ottenere alcune vittorie durante il mio mandato al Comune di Parigi. È pertanto estremamente importante che attivisti e attiviste ricoprano anche una carica elettiva. Soprattutto ora che le assemblee elettive sono occupate da persone elette in partiti di estrema destra. Per dirla in un altro modo, non ho nessuna fiducia politica nei partiti tradizionali: i e le loro candidate elette non ci difenderanno dall’estrema destra.  Non hanno i riflessi che attivisti e attiviste hanno contro l’estrema destra. Ho provato con l’EELV a rompere il muro messo dai partiti contro le candidature militanti, ed è un grande peccato vedere che anche in questo partito le resistenze continuino ad essere feroci. 

Come fare politica lesbica transfemminista oggi? Lo abbiamo chiesto ad Alice Coffin (intervista) - La Barbe foto da Wikipedia Remise du diplome de Barbe d or La Barbe Toulouse groupe d action feministe - Gay.it

Hai contribuito a costruire importanti spazi di politica lesbica in Francia, come la LIG, Lesbiennes d’Intérêt Général (Lesbiche di Interesse Generale), associazione per il sostegno economico di progetti culturali lesbici e la EuroCentralAsian Lesbian* Conference (EL*C), rete di attiviste e collettivi lesbici che agisce a livello trasnazionale.

La LIG nasce dall’idea di noi fondatrici che le lesbiche siano davvero soggettività di “interesse generale”. In altre parole, “il genio” dell’attivismo lesbico è quello della sua generosità politica, è quello di saper agire per tutte le altre cause oltre a quella propriamente lesbica. Non si può che constatare che storicamente le attiviste lesbiche costituiscono lo zoccolo duro di molte lotte: femministe, antirazziste, ecologiste. In Francia da qualche tempo è comparso sui muri lo slogan bravo les lesbiennes (grazie alle lesbiche). Sta infatti emergendo la consapevolezza politica che le militanti lesbiche siano spesso all’origine delle lotte sociali, come dimostro in un capitolo del mio libro, Le génie lesbien (Il genio lesbico).

Le donne lesbiche non sono tutte transfemministe: alcune hanno posizioni escludenti, come chi crede di poter invalidare l’esperienza trans*, o come Alice Weidel, che in Germania è la leader del partito di estrema destra Alternative für Deutschland. 

Come dicevo prima, la specificità dell’attivismo lesbico per come si è espressa storicamente è di contribuire ad altre lotte di liberazione, oltre a quella lesbica. Questo vale anche per le lotte per i diritti delle persone trans*. In tutte le associazioni lesbiche in cui ho militato, abbiamo lavorato con donne lesbiche trans*. Ogni lotta ha le sue particolarità, ma abbiamo molto in comune tra lesbiche e trans*. Per esempio, durante il periodo di discussione per l’adozione della legge che ha poi autorizzato il matrimonio tra persone delle stesso sesso, nelle manifestazioni avevamo scelto di usare uno striscione con lo slogan “Trans e lesbiche unite contro l’invisibilità. EL*C ha avuto e ha president* e membr* del consiglio di amministrazione che sono donne lesbiche trans. I media questo non lo raccontano mai. Si concentrano e danno voce solo a persone che si dichiarano femministe e lesbiche ma sono transfobiche, producendo un effetto di distorsione della realtà politica. Il che fa il gioco dell’estrema destra, che ha un’arma in più per attaccare e danneggiare le lotte femministe e lesbiche e per squalificarle. Credo poi che soggettività lesbiche butch possano essere in una posizione che permette una comprensione politica delle questioni trans*, perché per loro, anzi per noi, la categoria “cis” non ha nulla di naturale o ovvio. Proposte e lotte politiche che, come nel caso di Monique Wittig, sostengono che “le lesbiche non sono donne” o nel caso di attivist* trans* sostengono che “le donne trans sono donne” fanno parte della stessa lotta di denaturalizzazione della categoria di sesso. Quello che, invece, caratterizza la strategia politica dell’estrema destra è la riappropriazione, deformandole e snaturandole, di categorie politiche delle lotte minoritarie: dall’ecologia al femminismo, passando per le lotte lgbtqia+. Occorre essere molto vigili a tal proposito e decostruire questi discorsi o posizionamenti, svelandone la natura reazionaria e antidemocratica.

Come fare politica lesbica transfemminista oggi? Lo abbiamo chiesto ad Alice Coffin (intervista) - La Barbe 2016 foto dal loro account Facebook - Gay.it

Hai partecipato al festival Sherocco a Ostuni con un intervento sulla nozione di «neutralità», che i soggetti dominanti invocano per ridurre al silenzio i gruppi minoritari e occupare i posti di potere. Questa tua analisi si riflette nella tua pratica politica, in particolare come militante del collettivo La Barbe. Ci puoi parlare di questa esperienza?

“La Barbe” è un collettivo femminista fondato nel 2008 che, come dicevo, rivela la strutturale sotto-rappresentazione delle donne in tutte le sfere. Eredi delle azioni dirette e dell’ironia del MLF, le attiviste de “La Barbe”, indossando barbe posticce, intervengono nelle assemblee politiche, culturali, imprenditoriali, sportive per congratularsi coi loro membri per la loro resistenza all’ingresso delle donne. Con “La Barbe” abbiamo realizzato centinaia di azioni in tutti i luoghi di potere in Francia per denunciare l’onnipresenza del potere maschile. Saliamo sul palco e interrompiamo l’evento con la nostra bella barba posticcia sul viso. Poi leggiamo un comunicato in cui ironicamente ci congratuliamo con i presenti per aver preservato così bene il patriarcato. L’idea è quella di rendere visibile i meccanismi di cooptazione tra uomini che creano una vera e propria sfera di omosocialità maschile che esclude le donne. Nel comunicato che leggiamo dal palco facciamo sempre riferimento a statistiche che rivelano, come lo fanno le barbe posticce che indossiamo, che gli uomini occupano i posti di potere in virtù del fatto di essere uomini. Il collettivo “La Barbe” è stato il luogo della mia formazione politica. Il fatto di aver preso parte a tante azioni con questo collettivo mi ha permesso, poi, di non avere paura di un’assemblea politica. E di vedere come è costruita, che rapporti di potere sono sottesi alla sua costruzione. Quando grazie all’azione militante si riesce a rendere l’onnipotenza e l’onnipresenza degli uomini così palesemente evidente si produce un effetto politico rilevante. Questa onnipotenza e onnipresenza vanno giustificate. Ed è qui che trova il suo senso la nozione di “neutralità”, che a seconda degli ambiti si può declinare in varie forme: la “competenza”, il “talento”. Gli uomini devono, cioè, ormai spiegare che occupano i posti di potere non perché sono uomini, ma in ragione di criteri che sarebbero oggettivi come “la neutralità”, “la competenza”, “il talento”. Alla decostruzione di queste nozioni ho dedicato una parte del mio lavoro e l’intervento che ho presentato a Sherocco.

“Fare e sbordare l’unə nell’altrə”, Silvia Calderoni in Puglia a Sherocco 2023 – Intervista

Come giornalista sei impegnata anche con un’associazione di giornalistз lgbtqia+ di cui sei fondatrice: Association des Journalistes lgbtqia+. AJL realizza manuali di buone pratiche, monitora i media, partecipa a incontri di formazione e a conferenze. 

L’AJL è nata dal fiasco politico e mediatico che è stato il dibattito sul cosiddetto “mariage pour tous” che ha avuto luogo in Francia dieci anni fa. Durante quei mesi in cui i media si facevano cassa di risonanza del peggior discorso omolesbotransfobico portato dal collettivo “La Manif Pour Tous”, è emerso con drammatica chiarezza che i giornalisti erano assolutamente carenti nel trattare le questioni lgbtqia+. Come giornalistɜ lgbtqia+ ne pagavamo le conseguenze, ciascuno in seno alla propria redazione. L’associazione è nata perché intendevamo comunicare che la situazione di pessima comunicazione che vivevamo non era solo una questione di omolesbotransfobia, ma di un modo di fare giornalismo. Intendevamo denunciare il fatto che non stavano facendo correttamente il loro lavoro di giornalistɜ quando riportavano, senza verificare fonti e fatti, gli elementi di comunicazione elaborati dai movimenti omolesbotransfobici.

Come fare politica lesbica transfemminista oggi? Lo abbiamo chiesto ad Alice Coffin (intervista) - Bravo le lesbiennes foto dal pride di Rennes 4 giugno 2022 scattata dall utente di Twitter Pistolazer - Gay.it

Nella presentazione di AJL sul vostro sito web si legge che ci sono ancora moltз giornalistз che non fanno coming out o che si autocensurano, o decidono di non trattare le questioni lgbtqia+. Mi ha sorpreso, perché dall’Italia guardiamo alla Francia come ad un paese in cui nessuno tacerebbe i propri diritti, perciò mi sarei aspettata un comportamento simile anche da parte di chi ha una voce nei media. 

Esiste una specificità del contesto politico francese. La Francia è un Paese in cui prevale l’idea che siamo tutti uguali a priori, senza distinzioni, e che quindi non dobbiamo parlare nella sfera pubblica delle esperienze legate alle caratteristiche sociali che ci contraddistinguono. L’esistenza dei gruppi minoritari è tollerata, ma solo se rimangono “discreti”. Quando, invece, i gruppi minoritari si organizzano politicamente e prendono la parola, sono accusati di “spaccare la Repubblica”, sono tacciati di “comunitarismo”, concetto usato dal campo politico francese per delegittimare le lotte minoritarie. Questa nozione viene applicata non solo alle persone lgbtqi+, ma anche alle persone di fede o cultura musulmana o ad altri gruppi inferiorizzati. 

Come fare politica lesbica transfemminista oggi? Lo abbiamo chiesto ad Alice Coffin (intervista) - copertina Le genie lesbien - Gay.it

E cosa è cambiato in questo decennio? Ne parli anche nel tuo libro biografico Le Génie Lesbien (che, anche grazie alla tua presenza al festival Sherocco, sarà presto tradotto in italiano) che la stampa di destra – anche in Italia – ha spacciato per misandrico, senza mai, tra l’altro, riferire le aggressioni sessiste e lesbofobiche che subisci in relazione al tuo impegno politico, tra cui quella organizzata a Rouen un anno dopo la pubblicazione del libro, da parte di un gruppo identitario.

Gli eventi mediatici e politici che hanno avuto luogo durante le discussioni sul cosiddetto “mariage pour tous” sono stati decisivi per l’emergere di una sfera politica e mediatica di estrema destra in Francia. I grandi raduni de La Manif Pour Tous e le ore di programmi televisivi rigurgitanti di retorica omolesbotransfoba hanno permesso a un’intera generazione di estrema destra di affermarsi. Oggi, un’intera fetta dei media francesi è stata conquistata dall’estrema destra attraverso l’intermediazione dell’uomo d’affari Vincent Bolloré che ha, tra l’altro, anche sostenuto e permesso la candidatura di un personaggio di estrema destra come Éric Zemmour alle elezioni presidenziali del 2022. A tutto questo, va aggiunto che le presidenze Macron stanno facendo a pezzi la democrazia francese. Il danno è tremendo.  Lo abbiamo visto con le rivolte seguite all’ennesimo omicidio di un giovane razzizzato da parte di un agente di polizia: invece di fare fronte comune contro il razzismo, gran parte della classe politica e mediatica si è schierata a favore della difesa dell’ordine pubblico. 

Al festival Sherocco abbiamo incontrato anche Miguel Shema [qui l’intervista di Gay.it], intellettuale e attivista lgbtqia+ e antirazzista che utilizza i social e il proprio blog per raccontare quanto in Francia il razzismo sia presente anche nelle app di dating per soli uomini. Questo succede, ovviamente, anche in Italia. Le associazioni e i collettivi queer si definiscono ormai tutti antirazzisti, ma c’è molto lavoro da fare. Come andrebbe impostato?

Ti rispondo con un esempio: quando l’AJL ha voluto creare un premio per celebrare la visibilità delle persone lgbtqia+ – che abbiamo chiamato “OUT d’or” -, ci siamo avvals* della preziosissima consulenza della giornalista e intellettuale femminista e antirazzista Rokhaya Diallo. Rokhaya è una persona straordinaria, da ogni punto di vista, e conduce una strenua quotidiana battaglia contro il razzismo che si esprime strutturalmente nei media francesi. Qualche mese fa, un gruppo di giornalist* razzizzat* che voleva creare un’associazione di giornalisti antirazzisti ha contattato l’AJL per poter condividere la nostra esperienza. Così è nata l’AJAR (Association des journalistes antiracistes et racisé•e•s), l’Associazione dei giornalisti antirazzist* e razzizzat*. Allo stesso modo, dopo la creazione de l’Observatoire des VSS en politique (Osservatorio sulle violenze sessiste e sessuali in politica), è nato un Observatoire du racisme en politique (Osservatorio sul razzismo in politica). Intendo dire che queste lotte si possono e si devono alimentare a vicenda e gli esempi citati ne sono una prova. È questo che i partiti politici non capiscono, anche perché rifiutano l’accesso in politica agli attivisti e attiviste che lottano contro le violenze sessiste, omolesbotransfobe, antirazziste. Da attivista lesbica e da rappresentante politica eletta in consiglio municipale è mio compito fare tutto il possibile per condure, non solo la lotta antisessista e anti-omolesbotransfoba, ma anche la lotta antirazzista. Ciò significa partecipare alle assemblee e contribuire a costruire le manifestazioni antirazziste. Come gli eventi francesi dimostrano, è una questione politica di vita o di morte. E l’attuale atteggiamento del potere politico francese di criminalizzazione del movimento antirazzista è criminale. 

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