Una raccolta firme di iniziativa popolare che rilanci la legge contro l’omotransfobia, misoginia e abilismo, affossata al Senato da 154 parlamentari mercoledì pomeriggio. L’idea lanciata ieri da Enrico Letta, segretario Pd, passa ora tra le mani del movimento LGBT nazionale, subito ritrovatosi in strada per esplicitare il proprio dissenso nei confronti di quanto avvenuto a palazzo Madama. 50 città hanno organizzato manifestazioni di protesta in tutta Italia, con l’ipotesi di una raccolta firme che dovrebbe andare a coinvolgere propro la comunità e le realtà associative sparse sul territorio, per poi abbracciare tutti quei partiti che lo vorranno. Pd in testa.
Una trovata, quella della legge di iniziativa popolare, che ha scarso per non dire nessun rilievo effettivo sul piano parlamentare (mai nessuna è stata approvata), ma potrebbe averne sul fronte mediatico e conseguentemente politico. Attraverso lo SPID, Sistema Pubblico di identità Digitale, negli ultimi mesi sono state raccolte centinaia di migliaia di firme per referendum legati alla Cannabis (630.000 firme presentate in Cassazione) e all’eutanasia (1.2 milioni di firme depositate). La storica e inedita possibilità di raccogliere le firme tramite SPID nasce dal decreto semplificazioni bis approvato la scorsa estate, introducendo un elemento di profonda novità negli strumenti di partecipazione diretta alla vita democratica.
Pensare ad una raccolta firme di iniziativa popolare interamente centrata su una legge contro i crimini d’odio permetterebbe di mantenere alta, se non altissima, l’attenzione mediatica sul DDL, mobilitando non solo le piazze fisiche ma anche quelle virtuali. Se centinaia di migliaia di persone, per non dire milioni, mettessero il loro nome e cognome ad una legge contro l’omotransfobia espliciterebbero in modo ancor più chiaro lo stacco evidente che c’è tra palazzo e Paese reale, tra Senato della Repubblica e società civile, tra parlamentari e coloro che li hanno votati. Dopo i sondaggi, che per mesi hanno certificato come la maggioranza degli italiani fosse a favore del DDL Zan, avremmo un riscontro immediato sul pensiero reale degli italiani, con i social chiamati a scatenare una tempesta di firme.
Tutti quei partiti che hanno difeso il DDL Zan in Parlamento potrebbero immediatamente far loro questa battaglia ‘di piazza’, allestendo banchetti fisici da affiancare a quelli virtuali, mantenendo così alta l’attenzione nei confronti di una legge da quasi 30 anni attesa e da quasi 30 anni puntualmente impallinata. Ma il tempo corre e non c’è tempo da perdere, perché l’agenda politica non conosce sosta e non fa prigionieri, mentre l’omotransfobia continua a mietere vittime da nord a sud, isole comprese. Se una semplice firma potesse servire a mantenere alta l’attenzione su questo drammatica realtà, chi non metterebbe la propria?
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