Tra tre settimane, debutterà sul palco dell’Ambassadors Theatre di Londra, “Cock”.
Diretta dal drammaturgo inglese Mike Bartlett durante gli anni Ottanta e debuttando nel 2009 al Royal Court Theatre, la piece teatrale è stata riproposta in tutto il resto del mondo (inclusa l’Italia fino al 2014, a cura di Silvio Peroni) guadagnandosi anche un premio Laurence Oliver (tra i più importanti riconoscimenti del teatro britannico).
Il nuovo riadattamento – scritto e diretto dalla regista Marianne Elliott – vedrà come protagonisti due rubacuori dello schermo: Jonathan Bailey ( l’Anthony Bridgerton della serie Netflix Bridgerton, prossima alla seconda stagione) e Taron Egerton (vincitore del Golden Globe nel 2020 per il film Rocketman, nel ruolo di Elton John).
“Cock” racconta la storia di John e M, fidanzati da sette anni e nel bel mezzo di una crisi di coppia, decidono di prendersi una pausa di riflessione. Durante l’intervallo, John incontra W. una ragazza tra cui scatta la scintilla e finisce a letto insieme. Quando M. scopre del loro rapporto scoppia la bomba: lui e lei si ritrovano in un “combattimento tra galli” (appunto, cockfight) per contendersi John.
“È un’opera crudelmente divertente e sagace” dichiara Egerton nel dietro le quinte su Instagram: “È acuta, acida, frenetica, e con grandi personaggi. Ti ritrovi a ridere ad alta voce quando la leggi. So che il resto del cast mi farà scoppiare a ridere, e spero di fare lo stesso”.
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La forte componente queer dell’opera diventa un pretesto per uno spunto universale: la nostra identità è in costante scoperta e messa in discussione. John è l’unico personaggio ad avere un nome, ma non sa fornirci una risposta esatta su chi è davvero o chi desidera. Mentre i due “galli” cercano di trascinare John nella propria orbita, lui continua a porsi domande su sé stesso.
Le due star saranno affiancate da Jade Anouka e Phil Daniels e lo spettacolo sarà disponibile solo per 12 settimane – dal 5 Marzo al 4 Giugno 2022.
L’opera viene considerata perfettamente in linea con il nostro periodo storico e la costante urgenza di trovare delle etichette per definirci. Dichiara Bailey: “Durante un’epoca in cui ognuno sente la pressione di identificarsi – per la società, per sé stessi, o per gli altri – non c’è niente di meglio che buttarsi a capofitto in tutto questo e metterlo in discussione”.
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