Per la decisione sul matrimonio egualitario l’India si avvicina alla data fatidica del 3 Luglio, quando la decisione della Corte Suprema indiana potrebbe approvare la legge, nonostante il parere sfavorevole del governo conservatore.
18 coppie, grazie a una petizione, hanno dato il via lo scorso Gennaio a una reazione a catena che oggi potrebbe più che mai influenzare positivamente la decisione della Corte.
Una sentenza favorevole da parte della Corte Suprema indiana porterebbe a un primato storico per il sud est asiatico e per il mondo intero: la democrazia più popolosa al mondo, con il suo 1,4 miliardi di abitanti, approverebbe la piena equiparazione del matrimonio tra coppie eterosessuali e omosessuali. Un segnale potentissimo per il mondo intero, e in particolare per l’area asiatica dove il primato di influenza della Cina viene sempre più messo in discussione dal gigante indiano.
Secondo una ricerca condotta dal Pew Research Center – centro studi statunitense che si occupa specificatamente di raccontare l’opinione pubblica su varie tematiche attraverso ricerche estese e a tappeto sulla popolazione – il 53% della popolazione indiana è pronta al cambiamento.
Tra coloro che si sono pronunciati a favore del matrimonio egualitario, il 28% ha dichiarato di essere “molto a favore”, mentre il 25% si è definito “abbastanza a favore”. Il 4% ha scelto invece di non esprimere un’opinione.
I risultati evidenziano un panorama in netto contrasto con il quadro politico del governo conservatore che non sembra ascoltare le istanze del popolo.
Matrimonio egualitario in India: come ci siamo arrivati?
La Corte Suprema indiana si trova attualmente tra incudine e martello. Ma partiamo dall’inizio. Supriya Chakraborty e Abhay Dange sono due uomini gay, uniti ufficiosamente in matrimonio.
Sono anche i principali ricorrenti della petizione che potrebbe portare al riconoscimento legale delle unioni omosessuali in India. Oltre a Chakraborty e Dange, altre 18 coppie stanno presentando petizioni simili, tra di esse, anche famiglie omogenitoriali.
Il focus principale delle petizioni a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso è l’estensione del Special Marriage Act del 1954. Questo atto, che ha modificato la costituzione indiana, consente matrimoni civili tra coppie di diverse caste e religioni. I ricorrenti chiedono che tale legge possa essere estesa anche per includere individui LGBTQ+.
In passato, il codice penale indiano, introdotto durante il dominio britannico nel 1862, criminalizzava tutti gli atti omosessuali, considerandoli “contrari all’ordine naturale”. Situazione cambiata solo nel 2018, quando la Corte Suprema ha abrogato la legge coloniale.
Nonostante ciò, il governo indiano continua strenuamente ad opporsi al matrimonio egualitario, nonostante molti legislatori abbiano un’opinione diversa sulla questione. A dare man forte al governo conservatore, diversi gruppi religiosi.
Dall’altra parte, abbiamo invece i “petitioners”, le associazioni e la popolazione.
Se il prossimo 3 luglio la Corte Suprema dovesse decidere a favore dei ricorrenti, l’India diventerebbe il primo paese del Sud Asia e il secondo paese asiatico, dopo Taiwan, a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nonché un baluardo di speranza in un quadro politico mondiale che ha da tempo smesso di ascoltare lə propriə cittadinə.
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