A pochi giorni dall’affossamento in Senato del DDL Zan, caduto al cospetto del voto segreto per mano di 154 anonimi senatori, è ancora bagarre politica tra Partito Democratico e Italia Viva. Perché entrambi gli schieramenti si scambiano accuse al vetriolo, colpevolizzando l’altro per la morte della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo.
In tal senso Matteo Renzi e Alessandro Zan hanno preso carta e penna per scrivere due lettere a LaRepubblica. Il primo a farlo è stato il leader di Italia Viva, assente mercoledì scorso in Senato perché in Arabia Saudita. L’ex sindaco di Firenze parla di “campo dei progressisti” divisi in due. “Da un lato i riformisti, che vogliono le leggi anche accettando i compromessi“, scrive Renzi facendo riferimento al proprio partito. “Dall’altro i populisti, che piantano bandierine e inseguono gli influencer, senza preoccuparsi del risultato finale“, insiste il senatore guardando al Pd. “I primi fanno politica, gli altri fanno propaganda“. Renzi accusa il Partito Democratico di aver “deliberatamente scelto di rischiare sulla pelle delle persone omosessuali, transessuali, con disabilità. I dirigenti Dem hanno preferito scrivere post indignati sui social anziché scrivere leggi in Gazzetta Ufficiale. E naturalmente si è scatenata la campagna di aggressione contro chi proponeva il compromesso, a cominciare da Italia Viva“.
L’ex presidente del Consiglio, a questo punto, torna ancora una volta a rivendicare la legge sulle unioni civili, approvata dal suo governo nel 2015. Una legge, rimarca Renzi, “figlia del compromesso e della scelta di mettere la fiducia fatta dall’allora governo. Fino ad allora e dopo di allora la sinistra preferiva e anche oggi preferisce riempire le piazze, fare i cortei, cullarsi nella convinzione etica di rappresentare i buoni, il popolo, contro i cattivi, il Parlamento. Additare il Parlamento come il luogo dei cattivi e la piazza come il luogo dei buoni: anche questo è populismo”. Renzi ribadisce che il DDL Zan è “fallito per colpa di chi ha fatto male i conti e ha giocato una battaglia di consenso sulla pelle di ragazze e ragazzi che non si meritavano questa ferita“.
“Rinunciare al compromesso possibile per sognare la legge impossibile è stata una scelta sbagliata, figlia dell’incapacità politica del Pd e dei Cinque Stelle“, conclude il leader IV. “La sbandierata presunta superiorità morale, il rifiuto aprioristico di qualsiasi mediazione, la scelta di mettersi a posto la coscienza senza sporcarsi le mani: queste le caratteristiche di una sinistra che, in tutto il mondo, fa prevalere l’ansia di visibilità mediatica e social alla fatica dei risultati concreti. Noi siamo altrove“.
Passate 24 ore, Alessandro Zan ha replicato a Renzi sempre dalle pagine de LaRepubblica, con un’altra lettera fiume in cui il deputato Pd accusa il senatore di Italia Viva di “tatticismo“, perché dopo aver “sostenuto la legge alla Camera” ha poi deciso di “metterla in discussione e farla morire al Senato“. Una scelta, scrive Zan, che “non ha solo fatto vergognare l’Italia, ma ha anche nutrito la delusione cronica di ragazze e ragazzi che avvertono la politica come una pratica lontana, distante, aliena“.
“Il senatore Renzi ci accusa di populismo, ma non tutto quello che è popolare è populista“, insiste il deputato Pd. “Non tutto quello che sta a cuore ai cittadini è populista. La verità è che chi diceva di voler mediare in realtà mirava a cancellare l’identità di genere, ovvero escludere le persone trans da ogni tutela. La nostra fermezza non era per inseguire il consenso, ma per non lasciare indietro una delle comunità più vulnerabili e marginalizzate“. Zan ricorda come il presidente degli Stati Uniti Joe Biden stia lottando per i diritti delle persone transgender. “Se Renzi ha voglia di conoscere il populismo, può guardare alla Polonia o all’Ungheria dove Orbán – i cui alleati italiani sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con i quali Renzi suggeriva di trattare – ha compresso prima le libertà civili e poi quelle democratiche“, continua il deputato.
Dinanzi alle unioni civili approvate dall’allora Governo Renzi, Zan si dice ovviamente grato, se solo “non ci fossero ogni volta ricordate come una magnanima concessione, come se dovessimo imparare ad accontentarci, a stare al nostro posto in attesa della prossima congiuntura favorevole, che potrebbe benissimo arrivare tra una generazione“. Un DDL Zan, quello approvato alla Camera un anno fa, già “frutto di tante mediazioni“, ricorda Zan, “molte delle quali proposte proprio da Iv, ed eravamo disposti a raggiungere altre mediazioni”. “Quel che non avremmo potuto accettare era approvare una legge discriminatoria. Siamo andati sotto al Senato non perché non conosciamo la matematica, ma perché avevamo riposto fiducia in certi nostri compagni di strada. Fiducia forse mal riposta, ma ampiamente compensata dall’entusiasmo delle centinaia di migliaia di persone che in questi giorni riempiono le piazze italiane. Continueremo a portare la loro voce in Parlamento“.
Ad oggi, 31 ottobre 2021, appare praticamente impossibile immaginare una futura alleanza elettorale tra Italia Viva e Partito Democratico. Queste due lettere hanno probabilmente tracciato un solco irrecuperabile.
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