Porta a Porta e i suoi fratelli, regnano disinformazione e superficialità nei talk sulle famiglie arcobaleno

Sconcertante dibattito andato in onda nella notte con Bruno Vespa protagonista. Ma è quasi tutto il giornalismo tv a peccare in pressappochismo, a dir poco inaccettabile dinanzi a questioni tanto delicate.

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Nelle ultime 3 settimane i talk politici nazionali hanno finalmente scoperto che è lecito e possibile invitare in studio coppie omogenitoriali e colei che in qualità di straordinaria presidente di Famiglie Arcobaleno le “rappresenta”, Alessia Crocini. Peccato che ad ogni confronto tv queste madri e questi padri, diffamati dal governo e privi di diritti nei confronti dei propri figli, siano puntualmente costretti a dover affrontare dibattiti al cospetto di oppositori che volutamente disinformano, sviando la discussione, buttandola in caciara, con conduttori giornalisti silenti, compiacenti e in alcuni casi addirittura colpevolmente portatori sani di pressappochismo.

Nella notte Bruno Vespa, che già la scorsa settimana nella sua striscia quotidiana filo-governativa Cinque Minuti aveva affrontato l’argomento intervistando la deputata leghista Simonetta Matone e Chiara Appendino, ha messo su un talk andato in onda dopo la mezzanotte con ospiti in studio Francesca Vecchioni, Alessia Crocini, Matone, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, Annalisa Chirico, Concita Borrelli e Maria Latella. In collegamento due coppie di papà, ovvero Sergio Lo Giudice e Michele Giarratano, Carlo Tumino e Cristian De Florio, Papà per Scelta. Dal Canada, infine, il collegamento con Rachel Wiebe, donna che ha portato avanti per una coppia di papà italiani una gestazione per altri.

Un parterre ideato con il bilancino dei pro e dei contro, perché è ormai prassi trattare i diritti delle coppie LGBTQIA+ come se stessimo affrontando una partita di calcio, con curve sud e nord, bandiere, striscioni, cori e fischietti. Eppure nessuno ha fortunatamente mai visto una puntata di Porta a Porta sulla Shoah con ospiti Liliana Segre e un negazionista dell’Olocausto. A nessuno verrebbe anche solo lontanamente mai in mente di pensarla, ma sul fronte dei diritti LGBTQIA+ è diventata ormai la normalità cedere a scontri in studio in cui tendenzialmente la disinformazione regna sovrana.

L’avevamo già visto la scorsa settimana a Piazza Pulita, con Corrado Formigli incapace di gestire l’inevitabile scontro tra Alessia Crocini e Alessandro Zan da una parte e la coppia Simone Pillon-Francesco Borgonovo dall’altra, senza dimenticare i vari Quarta Repubblica (con scontro tra il giornalista della Verità Alessandro Rico e Marilena Grassodonia) e Dritto e Rovescio di Paolo Del Debbio, dove Mario Adinolfi ha praticamente preso la residenza.

Nella notte Bruno Vespa ha ideato un talk mettendo subito le cose in chiaro, con due gigantografie alle sue spalle. “Utero in affitto reato universale”, il primo cartello con il faccione di Giorgia Meloni; “Registrazioni figli omogenitoriali. I sindaci di sinistra infrangono la legge“, il secondo cartello, con in primo piano un’enorme scritta in 3D “Utero in Affitto“.

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Da qui ha preso forma un dibattito surreale in cui il sindaco di Torino ha subito sottolineato come nessuno voglia ‘normare’ la GPA ma semplicemente legiferare sul matrimonio egualitario e sulla trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali, con il conduttore Bruno Vespa che ha incredibilmente puntualizzato come “il bambino che viene partorito da una signora ha tutti i diritti che hanno gli altri bambini“. Lo Russo ha dovuto smentire Vespa, piccato e incredulo al cospetto di una semplice spiegazione che dopo settimane di dibattito nazionale dovrebbe essere ampiamente riconosciuta, spiegando come e quanto non sia affatto così perché quel figlio è di fatto ‘orfano’ di una mamma pur avendola quotidianamente al suo fianco, mentre Crocini ha dovuto smentire quanto asserito da Matone, secondo cui l’adozione particolare sarebbe una cosa ‘veloce’ e ‘rapida’, perché ci vogliono anni, tra tribunali e servizi sociali, prima che una coppia di papà e/o di mamme possa riuscire a concludere l’intero iter.

Improvvisamente Concita Borrelli si è messa a parlare dei massimi sistemi procreativi, perché “un uomo da solo non può generare figli“, parlando di “accanimento di due uomini che usano una donna” e di “forzature” nei confronti della “natura” che inspiegabilmente non riguarderebbero però le coppie etero sterili che si affidano alla PMA. A seguire Annalisa Chirico de Il Foglio ha tirato fuori il “dato della natura, che non può essere eliminato perché i figli li fanno le donne con gli uomini“, parlando del “diritto di un bambino di conoscere la propria identità biologica“, se solo non fosse così perché la legge certifica l’anonimato di un donatore, e di “genitore biologico, che tu sia etero o gay, che ami gli animali o quello che vuoi“, paragonando una mamma lesbica ad una gattara qualunque.

Quante fandonie sono state dette nei confronti della stepchild adoption“, ha reagito Crocini autorizzata a parlare dopo 20 minuti di irrealtà televisiva, suscitando l’immediata replica piccata di Vespa al grido “dove sono, le elenchi“.

E qui la presidente di Famiglie Arcobaleno ha ricordato la propria esperienza di mamma lesbica che è dovuta andare in Spagna per la procreazione medicalmente assistita. “Se l’avesse voluta fare mia sorella, con un uomo sterile, in Italia avrebbe potuto farla, pagata dallo Stato“.

Crocini ha ricordato come in Italia tutti gli eterosessuali che fanno figli con la PMA sono aiutati da donatori e donatrici “per legge anonimi“, mettendo così a tacere la precedente Chirico.

Crocini ha ricordato gli otto anni mezzo vissuti da suo figlio senza la doppia genitorialità e i quasi 5 anni passati tra tribunali e servizi sociali, stroncando così anche la fandonia dell’adozione speciale rapida e indolore. “Perché se la PMA la fa una coppia etero la legge le permette di riconoscere il figlio alla nascita? Che differenza c’è tra me e una coppia uomo/donna che ha fatto un figlio con un seme di donatore? La legge obbliga quel padre a riconoscerlo“, ha tuonato Crocini, cavalcando un tema centrale che Vespa, conduttore e giornalista, non è riuscito a cogliere neanche nel corso del dibattito.

In tal senso Francesca Vecchioni ha raccontato la propria storia omogenitoriale, diventata realtà all’estero con la fecondazione eterologa, parlando dei sei anni d’attesa per riuscire a registrare entrambe le mamme e di figlie come “proprie”, suscitando la sconcertante reazione di Bruno Vespa che l’ha così fermata.

Quando lei parla di propri figli, usa un’espressione sentimentalmente giusta ma giuridicamente scivolosa perché è solo uno il genitore“. Ed è qui che Vecchioni ha messo alle corde il conduttore. “Questa cosa la direbbe ad una coppia etero, che fa la procreazione assistita, lo direbbe al padre che quello non è suo figlio?“.

No!“, la risposta di Vespa. “E allora perché lo chiede a me! Abbiamo fatto la stessa cosa!“, la controreplica di Vecchioni, con il conduttore che ha provato a difendersi, bofonchiando “è una situazione diversa, abbia pazienza mi scusi“, senza aggiungere altro, mettendo così il timbro definitivo alla superficialità giornalistica che ha caratterizzato una trasmissione del servizio pubblico.

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Deve essere chiaro che io e Alessandra abbiamo fatto la stessa identica cosa che fanno le coppie etero con l’inseminazione eterologa che per due donne non è permessa in Italia ma in altri Paesi sì, noi siamo andate in Olanda dove è legale. Lo passa la mutua in Olanda“, ha concluso Vecchioni. “È anche il Paese con il più alto tasso di suicidi” la reazione surreale della leghista Matone, con Crocini a ridere dinanzi ad un botta e risposta fondato sull’insensatezza, come se fosse obbligatorio dire la prima cosa che possa venire in mente pur di dare contro, a voler buttare la pallina dall’altra parte della rete utilizzando non necessariamente una racchetta ma qualunque cosa capiti, che sia un cannone o una padella.

Dopo aver chiesto lumi sui costi della GPA ai Papà per Scelta, Vespa ha fatto altrettanto con l’ex senatore Sergio Lo Giudice, che è sbottato: “Voi vi ostinate su questa cosa del compenso perché volete arrivare a definire il costo del bambino, secondo questo paradigma per cui questi bambini sono comprati. Pensate che in un Paese come gli USA avviene una bieca compravendita di bambini?“.

“Io non ho detto bieca, ma è una compravendita!”, la risposta del conduttore di Porta a Porta, convinto che nessuna donna non avendo niente da fare possa “mettere al mondo due bambini così a chiunque glielo chieda“. Vespa ha definito la GPA “un atto illecito, questa è la mia personale opinione che non conto nulla, sono uno dei tanti”, se solo non fosse da decenni il giornalista politico di punta della tv pubblica, con una striscia quotidiana dopo il Tg1 delle 20 e 3 seconde serate a settimana. Persino dinanzi all’esperienza raccontata in prima persona da Rachel Wiebe, donna che dato alla luce il bambino di una coppia di papà italiani, Vespa non è riuscito ad andare oltre la solita domanda, “qual è stato il suo compenso?”.

Per me in Canada la GPA è altruistica, io non ricevo soldi ma soltanto un rimborso spese“, la replica che ha messo a tacere un’ora di disinformazione made in Rai. “Ho continuato a lavorare durante la gravidanza, ma se non potevo lavorare ricevevo un rimborso spese. È un gesto di pura gentilezza“. Dinanzi a simile verità Vespa, 79 anni a fine maggio, ha chiuso il suo talk parlando di ‘pantone’ relativo ai figli delle coppie che si affidano alla GPA, ricordando le aberranti prime pagine de Il Giornale  e Libero dei giorni scorsi, al grido “è piuttosto spaventoso che io possa ordinare un figlio decidendo di che colore debba avere gli occhi e la pelle. Vi pare normale a voi questo? A me no, a me no, a me no”.

E infatti dovrebbe essere considerata anormale, se solo vivessimo in Paese “normale”, un’informazione di questo tipo, così superficiale e di parte, fondata su un’estremizzazione ideologica e politica che puntualmente, dinanzi ai diritti, si trasforma in una sguaiata arena dove a chiunque è consentito dire qualunque cosa, pur sapendo di infangare persone, relazioni, vite realmente vissute e non astrazioni. Se e quando il giornalismo televisivo capirà il potere e le responsabilità che ancora oggi detiene nel trattare determinate questioni, obbligatoriamente da approfondire prima di andare in onda, vivremo forse in un Paese migliore. O molto più banalmente, “normale”.

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