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Il Tokyo Pride torna dopo quattro anni e continua la lotta verso il matrimonio egualitario

10mila persone hanno finalmente celebrato il proprio orgoglio, ma il cambiamento in Giappone è ancora lento.

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Grande festa a Tokyo: dopo quattro anni il Pride è tornato a colorare la città. Mentre in occidente i festeggiamenti del Pride sono ricominciati molto prima, in Giappone non si vedeva una celebrazione dal 2019, l’ultima parata prima della pandemia. Le restrizioni anti-Covid si stanno lentamente allentando anche in Giappone e la scorsa domenica il Pride è finalmente tornato.

Circa 10mila persone sono scese per le strade di Tokyo, nel distretto di Shibuya, in un trionfo di bandiere arcobaleno e risate, chiedendo che il cambiamento raggiunga presto anche il Giappone. Le celebrazioni del Tokyo Pride 2023, infatti, sono state oscurate e allo stesso tempo mosse dalla situazione della comunità LGBTQIA+ in Giappone.

Tutti i partecipanti, stando alle testimonianze dei giornali locali che le hanno raccolte, hanno affermato di essersi resi conto di quanto la loro nazione sia indietro in termini di diritti civili rispetto agli altri Paesi del G7, di cui anche il Giappone fa parte.

Nonostante l’omosessualità non sia illegale e, soprattutto nelle grandi città, la società sia per lo più inclusiva e a favore dei diritti civili, la legislazione è di tutt’altra opinione. Da mesi, infatti, un tira e molla di dichiarazioni e proteste vede opporsi il governo, il Tribunale di Tokyo e i partiti all’opposizione sul tema del matrimonio egualitario.

Al momento non è possibile per una coppia dello stesso sesso sposarsi in terra nipponica, nemmeno sottoforma di unione civile. Attivistə e membri dell’opposizione hanno più volte chiesto che il Parlamento approvi una legge che regoli e legalizzi il matrimonio egualitario ma, nel frattempo, lo scorso dicembre è stato il Tribunale di Tokyo a confermarne il divieto, sostenendo che il divieto non è incostituzionale.

Di conseguenza, per le coppie LGBTQIA+, non è prevista nemmeno l’adozione né la procreazione assistita, non vedendosi riconosciuto lo status di famiglia. Si tratta di una situazione che, secondo una parte dell’opinione pubblica, quella meno tradizionalista, mette in cattiva luce il Giappone. L’arretratezza si registra anche per la comunità trans* e per i suoi diritti.

Alcuni personaggi dello spettacolo, celebrità e atletə si sono espressi a riguardo, come il calciatore trans Kumi Yokoyama che, dopo il coming out, ha affermato come il Giappone sia in ritardo rispetto al mondo.

Anche il corteo di domenica a Tokyo, accanto alla celebrazione dell’orgoglio della comunità LGBTQIA+, ha ribadito a gran voce la richiesta al governo di approvare il matrimonio egualitario. Insieme ai manifestanti che gridavano “Happy Pride” a gran voce, era presente anche un gruppo di Taiwan, l’unica nazione asiatica che al momento prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La lotta per i diritti civili in Giappone è ancora lunga e, ora che il Pride è finalmente tornato, ha ritrovato anche un rinnovato impulso.

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