Sei anni d’attesa, dopo la premiere alla Mostra del Cinema di Venezia del sottostimato Charley Thompson. Andrew Haigh, da poco più di un anno Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico per i propri servizi all’arte, è finalmente tornato con il libero adattamento del romanzo Estranei di Yamada Taichi (1987), già portato sul grande schermo da Nobuhiko Obayashi con The Discarnates, a fine anni ’80.
Presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival, e a seguire visto al New York Film Festival, al BFI London Film Festival e ora alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città, All of Us Strangers uscirà nelle sale d’Italia a inizio 2024, con un più che probabile ed eventualmente meritato bottino di nomination agli Oscar.
12 anni dopo Weekend, che nel 2011 fece conosccere Haigh ai cinefili di mezzo mondo, il regista di Looking ha dato vita ad una pellicola sapientamente stratificata e profondamente commovente, sul dolore della perdita, sull’elaborazione del lutto, sull’isolamento e sulla paura della solitudine che all’interno della comunità LGBTQIA+ diventano troppo spesso dolorosa prassi. Haigh, accompagnato per l’occasione dalla magnifica fotografia di Jamie D. Ramsay, ha realizzato un dramma che inquieta e commuove, dando forma ad una storia d’amore inusuale, che si intreccia ad un passato mai dimenticato perché mai realmente vissuto.
Una notte, in un grattacielo praticamente deserto nella Londra di oggi, Adam incontra il suo unico vicino di casa, Harry, che gli bussa alla porta, chiedendogli di entrare, di far conoscere quelle due vite tanto solitarie. Un incontro che spezza il ritmo della sua vita quotidiana, ma Adam è ossessionato dai ricordi del passato, ritrovandosi puntualmente nella città di periferia in cui è cresciuto e nella casa d’infanzia in cui i suoi genitori sembrano rivivere, proprio come il giorno della loro morte, avvenuta 30 anni prima…
È una storia di fantasmi, di parole mai dette, di abbracci mai dati, di confessioni mai espresse, di addii mai elaborati, di richieste d’aiuto mai esplicitate o colte, di coming out mai fatti, quella trainata da quattro attori in stato di grazia. Andrew Scott non è mai stato tanto bravo, dopo decenni d’attesa al cospetto del ruolo di una vita, indossato straordinariamente. Il suo Adam, così problematico e misterioso, così gentile e malinconico, silenzioso e spaventato, ha mille sfaccettature che Scott riesce perfettamente a rendere credibili. Haigh gli ha costruito l’intero film addosso, senza mai mollarlo un attimo, concentrandosi sui lineamenti, sui piccoli particolari, sulle sfumature di un personaggio complesso e al testo stesso affascinante.
Una nomination agli Oscar come miglior attore protagonista sarebbe cosa buona e giusta, per non dire doverosa, dopo 30 anni di carriera equamente suddivisa tra cinema, tv e teatro. Paul Mescal, vicino così enignatico e seducente, riempie perfettamente spazi fino al suo arrivo rimasti a lungo deserti, accompagnando il protagonista verso emozioni e sentimenti mai vissuti prima. Gli altrettanto bravissimi Jamie Bell e Claire Foy interpretano i due genitori di Adam, deceduti da decenni eppure visibili, a tal punto da ricostruire 30 anni di lontananza forzata.
In dialogo con sè stessi, dopo aver a lungo represso, taciuto, allontanato gli altri. Gli Estranei di Andrew Haigh sono vicini di casa, amanti, genitori, siamo noi tutti, portati all’autoisolamento da un mondo e da una società in cui il rapporto umano, fisico, reale, si fa sempre più eccezione, al cospetto di social e interazioni virtuali. Porta chiuse sbattute in faccia ad Estranei bisognosi di aiuto, di vicinanza, di semplice compagnia, inconsapevoli dei danni irreparabili che quelle porte chiuse potrebbero causare. All Of Us Strangers è una potente riflessione sul dolore e sull’amore, che chiede allo spettatore di immergersi in una storia che si fa a tratti lisergica, esperienza visiva ed emotiva a lungo segnata da misteri, inquietudini e rimembranze passate. Haigh ha ripreso in mano il suo Weekend tramutandolo in altro, in qualcosa di molto più doloroso, pauroso e devastante, con un malinconico omaggio agli anni ’80 impreziosito da una colonna sonora che spazia da Frankie Goes To Hollywood ai Pet Show Boys, passando per Blur e Fine Young Cannibals.
La storia d’amore tra Adam e Harry abbaglia per bellezza e dolcezza, pur lasciando continuamente spazio a qualcosa di indefinito, di mai completamente espresso, con questi due corpi che si incontrano fondendosi l’uno nell’altro, vivendo un rapporto fatto di carne e rivelazioni, fragilità e insicurezze. Andrew Haigh chiede piena fiducia a chiunque voglia entrare nel suo All of Us Strangers, matrioska emozionale in cui nulla è come sembra, con mondi, vite e realtà che si intrecciano, oltre il tempo e lo spazio, fino a quel colpo di scena finale che rende il tutto ancor più amaramente commovente. Un finale consapevolmente al limite, in bilico tra esagerazione e turbamento emotivo, a chiusura di un film che difficilmente lascerà chicchessia indifferente.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.