E come nei migliori e attesissimi sequel, la delusione (non la nostra) è lì, in agguato. La sceneggiatura scritta per decenni dalla Lega, il ce l’ho duro di Bossi urlato e ripetuto nei comizi e nelle interviste, l’apoteosi della mascolinità, la virilità 2.0 dell’uomo padano, ha visto per la prima volta una battuta d’arresto.
Non che servisse alcuna prova a chi osservava il disfarsi dell’ideologia paterna dall’esterno, la crisi edipica della Lega Nord. Il dramma si è svolto interamente nella bolla del Partito, che la si immagina, come negli spogliatoi dei collage americani (colpa dell’iconografia anche qui), piena di uomini a torso nudo che in un loop infinito fatto di grida e muscoli, tentano inutilmente di rinvigorire la loro retorica maschia.
Predatore e preda, la famigerata Bestia (Luca Morisi), che negli ultimi anni ha curato le uscite pubbliche di Salvini e del Partito, ha giocato da miglior attore non protagonista, servendo il colpo di scena finale. Forse nemmeno tanto, per chi è abituato allo sgretolarsi dell’immaginario delle famiglie troppo perfette, troppo in linea con i propri principi da fare il giro completo e finire dalla parte opposta. Ma non è questo che ci affascina? Che, alla fine, le rende più tollerabili, più umane?
Ma facciamo un passo indietro, quando l’illusione era ancora viva. Quando il machismo di Partito era un ferro caldo su cui battere quotidianamente. Con gli anni, Salvini e la sua Lega hanno tentato di tenere alta l’ideologia bossiana con uscite più o meno fiacche, più o meno contraddittorie, che hanno colpito e svilito intere fasce della società, non ultima la comunità LGBTQ+.
Certo, bisogna aver presente quello che forse è il vero protagonista della storia, il sopracitato modello di uomo padano, diventato italico con Salvini, diventato anche donna conforme a quei canoni. Il pubblico ansimante, in attesa della prossima uscita del paladino da condividere ovunque nell’illusione di perpetuare la propria forza.
«Posso dire che è proprio sui social media che è iniziato, in tempi antichi e non sospetti, il passaggio dalla dimensione della vecchia Lega a quella nuova. Già dal 2014, quando Salvini ha assunto il ruolo di segretario, abbiamo iniziato a nazionalizzare la comunicazione. È lì che si è vista tutta la potenzialità che c’era. Di fatto, una rivoluzione copernicana nella Lega e posso dire che i social network sono stati fondamentali».
Queste le dichiarazioni di Luca Morisi, sedicente digital philosopher, ideatore della Bestia. Effettivamente un lavoro certosino che ha portato la Lega a diventare la prima forza politica in Italia. Ed è proprio da questa fatica che sono venute fuori le dichiarazioni (e relative azioni) più preoccupanti per il mondo LGBTQ+.
“I bambini devono nascere e crescere come il buon Dio ha deciso, l’utero in affitto è bieco e volgare egoismo. Ma pensiamo al bambino: oltre all’egoismo del genitore pensiamo al bimbo. Se cresce con genitori o un genitore gay parte da un gradino più sotto. Parte con handicap” ha affermato Salvini nel 2015 nel programma radiofonico La Zanzara.
Non lontano cade il suo intervento in Senato, lo scorso gennaio: “Noi pensiamo che la mamma si chiami mamma e il papà si chiami papà. Noi siamo per la difesa della vita sempre e comunque. I nostri modelli sono i centri di aiuto alla vita e non le pillole abortive regalate per strada a chiunque“. Dove a dover essere chiariti sono i luoghi frequentati da Salvini con tanto di medicinali in omaggio.
Il DDL Zan ha rappresentato terreno fertile per Salvini e la sua Bestia, proprio riguardo al ritorno del decreto legge in Aula a settembre ha dichiarato: “Io non accetto si tirino in ballo i bambini di 6 anni la cui educazione spetta ai genitori e che si impongano le scelte di pochi come il dovere di molti. Rispetto le scelte di vita di tutti ma guai a chi mette in discussione la famiglia, la mamma e il papà. Penso sia semplice e non discriminatorio verso nessuno”.
Come dimenticare invece le alleanze, sancite lo scorso luglio con la Carta dei valori, firmata insieme a Giorgia Meloni. Sono stati selezionati ad hoc i leader e i partiti più omotransfobici e sovranisti d’Europa: da Orbán, a Le Pen, alla Polonia – con le sue “LGBT-free zones” – solo per citarne alcuni.
La già infelice condizione del Partito è stata costellata negli anni da collaboratori – come ha ricordato Fedez sul palco del Primo Maggio – che hanno farcito il discorso con HIV e AIDS citati a sproposito, Genitore 1 e Genitore 2, figli da bruciare e gay che “dovrebbero comportarsi da persone normali“.
Insomma, il sequel è nelle sale, il colpo di scena servito, la sceneggiatura ricca e le parole con cui è scritta contano. Ora, la palla è nelle mani del pubblico con il suo consenso.
Qui: Quando Luca Morisi invocava le orge gay con consumo di droghe come un insulto
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Nessuna forma di pietas per questa gentaglia!