Stando ad un ultimo servizio dell’Espresso – a cura di Chiara Sgreccia e del nostro Simone Alliva – i dati Istat confermano che nel nostro paese la situazione per le persone LGBTQIA+ è ancora tutt’altro che rosea: in Italia tra il 2020-2021 almeno una persona LGBTQIA+ su cinque conferma di aver subito discriminazioni o aggressioni sul posto di lavoro.
Da il caso di Monica, donna transgender, operatrice sociosanitaria in una clinica psichiatrica, che è stata costretta a condividere lo spogliatoio con gli uomini, dovendosi barcamenare tra deadnaming e molestie ripetute. Non è stato sufficiente neanche far vedere il certificato d’incongruenza: “Ma nessuno l’ha preso sul serio. Hanno continuato a chiamarmi Mario“. Quando ha provato a ribellarsi, è stata multata con una lettera disciplinare. O la storia di Giuseppe Pecce, insegnante 42enne, che è stato convocato dal preside della scuola per aver utilizzato la parola “pazzesco”: “Non dovresti usare questa parola. È troppo gay” gli hanno risposto. Tenuto alle strette e imbavagliato per ogni lavoro creativo o “anti-norma”, a Giuseppe non è stato rinnovato il contratto con la spiegazione: “Qui i froci non li vogliamo più“.
Anche le famiglie omogenitoriali non se la passano meglio: ne parlano Barbara e Chiara, mamme del piccolo Leonardo, nel bel mezzo di una lunga battaglia giudiziaria per essere riconosciute nelle amministrazioni locali. Alla fine ce l’hanno fatta, sono riuscite ad ottenere il congedo parentale, ma l’esperienza ha lasciato una brutta scottatura: “Hanno messo in dubbio il mio essere genitore. In quei mesi senza congedo sono stata costretta a rimanere a casa, in aspettativa non retribuita per badare a mio figlio”.
Come fa notare Francesco Rizzi, dal consiglio esecutivo della Rete Lenford, il problema non è l’assenza di una normativa (Rizzi fa riferimento alla n. 216 del 2003, per l’orientamento sessuale e il codice delle pari opportunità del 2006 che tutela anche per quanto riguarda l’identità di genere) ma risiede soprattutto sul piano culturale: “Nelle aziende, manca la conoscenza degli strumenti che esistono per tutelarsi” spiega Rizzi, aggiungendo che è fondamentale cambiare la propria mentalità e far sì che le varie associazioni esercitino le proprie funzioni in modo da contrastare ogni aggressione verso lavoratori e lavoratrici.
Una tematica fondamentale che verrà ulteriormente discussa questa Domenica 15 Maggio a Treviso, per l’incontro “Itinerari nel mondo T* tra significati, leggi e diritti”, convegno con dibattito sull’affermazione di genere nel mondo del lavoro” per la IV edizione del Treviso Equality Festival (dal 13 al 22 Maggio 2022): il convegno vedrà la partecipazione di Angelo Schillaci, giurista e professore associato di Diritto pubblico comparato all’Università Sapienza di Roma, Lucia Basso, Consigliera regionale di Parità del Veneto, Roberta Rosin, psicologa e psicoterapeuta dell’associazione Con-Te-Stare Padova e Mirco Di Naro, attivista e presidente di G.A.G.A. Vicenza.
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Photo cover by jesse orrico on Unsplash
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