Quando si tratta di misgendering e deadnaming – quindi sbagliare volutamente il genere di qualcuno e chiamare una persona con il nome che le era stato assegnato prima della transizione – le piattaforme social non sono per niente un posto sicuro.
È la conclusione a cui era arrivata Sarah Kate Ellis, la CEO di GLAAD, quando nel 2021 ha presentato le nuove raccomandazioni dell’annuale GLAAD’s Social Media Safety Index.
Come per molte altre minoranze, la sicurezza per la comunità LGBTQ+ online non è sempre garantita.
Così, per arginare i danni, molte piattaforme si sono dichiarate alleate della comunità e decise a creare uno spazio più accogliente per tutti.
Peccato che poi quasi nessuno passi dalle parole ai fatti.
Finora l’unica azienda ad aver ufficialmente bannato misgendering e deadnaming era Twitter, a cui adesso si aggiunge la piattaforma più in voga del momento: TikTok.
Già negli scorsi mesi il social di video e content creators era stato oggetto di polemiche (come quando il nuovo voice over Disney censurava le parole gay e lesbica) e anche tra i contenuti condivisi dagli utenti non mancano di certo messaggi anti-LGBTQ.
Proprio a maggio 2021, l’associazione Media Matters for America – che controlla il flusso dei media, degli utenti e dei messaggi condivisi – aveva lanciato un’allarme che vedeva una falla nell’algoritmo di TikTok: veniva infatti usato per diffondere contenuti contro le persone queer in modo incontrollato.
Presto, fatto. Cormac Keenan, responsabile di Trust and Safety di TikTok, ha annunciato che nelle nuove community guidelines verrà espressamente vietato l’uso di misgendering, deadnaming e qualsiasi termine o contenuto che vada a recare danno alle comunità marginalizzate, LGBTQ+ e alle donne.
«Queste ideologie sono sono da tempo proibite»ha spiegato «ma era tempo di bannarle esplicitamente».
L’obiettivo è quello di creare uno spazio più sicuro e civile, insieme a costruire un dialogo più inclusivo, anche con la recente aggiunta della possibilità di inserire i propri pronomi sul profilo.
«La mossa di TikTok lancia un messaggio che altre piattaforme, che dicono di dare priorità alla sicurezza LGBTQ, dovrebbero seguire con azioni sostanziali come questa»
A Sarah Ellis ha fatto eco Bridget Todd, la direttrice delle comunicazioni del gruppo UltraViolet, che ha accolto con entusiasmo la notizia: «Applaudiamo TikTok per rispondere in modo efficace alle nostre raccomandazioni e implementarle in una politica utente più aggiornata e protettiva».
Tuttavia, la strada per le piattaforme social è ancora lunga.
Troppo spesso, infatti, basta dare un like a un video taggato LGBT per essere indirizzati a una serie di contenuti omobitransfobici nella pagina dedicata ai suggerimenti. E questo non solo su TikTok.
È chiaro che le misure da prendere siano ancora tante, e ancora molto lavoro ci sia da fare.
Intanto, possiamo apprezzare il tentativo di limitarne la presenza, con delle nuove politiche che forse anche Facebook e Instagram dovrebbero prendere in considerazione.
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