In questi giorni Emma Corrin ha chiesto agli Oscar di introdurre delle categorie gender neutral.
Corrin – i cui pronomi sono they/them e si identifica come non binary – ha fatto notare che la divisione binaria tra migliori attori e migliori attrici diventa un problema per chiunque esce da quello spectrum: “È difficile per me al momento giustificare il mio non binarismo ed essere nominat* in queste categorie” ha dichiarato la star di The Crown (nel 2021 ha vinto l’Emmy come miglior attrice non protagonista nel ruolo di Diana Spencer).
Corrin ha sottolineato che il cambiamento deve avvenire dall’interno dell’industria stessa, proponendo più materiale che includa effettivamente persone non binarie nel cast, e solo in quel caso si avvertirà una maggiore ‘urgenza’ a risolverlo.
Non è lə primə a parlarne: nel 2021 Asia Kate Dillon, non binary e star della serie Billions, l’ha definita una pratica ‘esclusiva e piuttosto pericolosa’ ponendo la domanda da un milione di dollari: che senso ha dividere migliori attrici e migliori attori? Perché dovrebbe essere così rilevante nei meriti dell’interpretazione migliore?
“Mi piacerebbe capire se per i tuoi occhi ‘attore’ o ‘attrice’ denotano anatomia o identità di genere e perché è così necessario renderlo presente sin dal principio?” dichiara Dillion “La ragione per cui vorrei aprire questa conversazione con voi è perché queste categorie si rivolgono alla ‘miglior performance di una person che si identifica come donna’ e ‘miglior persona di una persona che si identifica come uomo’ e non c’è spazio per la mia identità all’interno di un sistema binario. Inoltre, se lei categorie ‘attore’ e ‘attrice’ hanno il fine di puntualizzare il sesso assegnato, con tutto il rispetto, perché mai dovrebbe essere necessario?”
Con una nuova award season alle porte, gli Academy non hanno ancora dato cenni di cambiamento concreto. Eppure se fuoriusciamo dall’ottica dei premi, il potere della recitazione trascende l’etichetta: Corrin stessə dichiara di non avere la minima intenzione di rifiutare interpretazioni femminili o limitare l’integrità del suo lavoro, sottolineando che il suo binarismo non rifiuta la femminilità ma l’accoglie in un abbraccio più ampio: “Voglio ancora interpretare donne, la mia esperienza su questa terra è quella femminile – e adesso è diventata molto più fluida“.
Per alcunə ritrovarsi a competere contro una controparte maschile e cis è già una risposta sovversiva: “Preferisco mille volte battere un gruppo di uomini cis piuttosto che togliere il premio ad una donna” dichiara Becca Blackwell, star non binary della piece teatrale e premio Pulitzer Hurricane Diane: “Mi piace scherzare e dire che sarò la prima persona con una vagina a vincere il premio per miglior attore“.
Gli Oscar sono l’ultima cerimonia (insieme ai SAGs, i Critics Choice, e i Tony Awards), nel campo artistico e audiovisivo, a dividere maschi e femmine sin dal 1922. Ai Grammy Awards come all’ultima cerimonia degli Emmys ogni categoria è al massimo divisa per il genere dell’opera (best pop record, best rock record, best R&B, comedy, drama, musical etc.) ma ogni attore, attrice, e chiunque-nel-mezzo gareggia insieme.
Ma dove risiede il problema?
La principale obiezione comporterebbe un maggiore ‘disequilibrio’ da entrambe le parti: Mark Harris, esperto della stagione dei premi e autore per Vanity Fair, la definisce ‘una parità di facciata all’interno di un’industria dove la parità non esiste’.
Le principali nomination per la recitazione (miglior attore, miglior attrice, migliore attore non protagonista, migliore attrice non protagonista) verrebbero così ridotte a due, con il rischio che ogni controparte rischi di dominare sull’altra senza un equo pari merito: “Sarebbe come a dire che il sessismo è risolto e non dobbiamo più prestarci attenzione, anche se la vasta maggioranza dei votanti della cerimonia sono uomini. ” spiega Harris al New York Times.
Come fa notare Melissa Silverstein, editor per il sito Women and Hollywood, in buona parte delle premiazioni gender neutral (quindi miglior regista, miglio produttore, o cinematografia) gli uomini dominano la concorrenza, ottenendo molte più nomination delle donne, e stando ai dati del Television Critics Association rilevati da Steve Pond nel 2017, la controparte maschile ha sempre vinto – rispettivamente nelle categorie drama e comedy – almeno sette volte su 10.
Le due categorie oltre a ridurre le chances di vittoria del 50%, avrebbero anche meno star in gara, qualcosa che né i canali né la produzione o tantomeno il pubblico vorrebbe.
E quindi che si fa? Per Corbin Bolies, media reporter di Daily Beast, la soluzione sarebbe aumentare le nomination da 4 a 10 (praticamente come Best Picture).
Inoltre negli ultimi anni la stagione dei premi ha riservato più di qualche plot twist: vedi la vittoria come miglior regista a Jane Campion quest’anno e Chloe Zao nel 2021 o i Dora Awards 2019 dominati da donne nere. Secondo Jacoba Knaapen, director esecutiva del Toronto Alliance for Performing Acts la diseguaglianza all’interno dell’industria è innegabile, ma ci si sta cominciando a ribilanciare.
Proprio per questo tanto vale correre il “rischio”, tanto da portare nel ‘peggiore’ dei casi ad un’ulteriore dimostrazione e denuncia dell’assenza di equità all’interno di un sistema che Bolies definisce ‘fratturato’ già di per sé.
Come ha ribadito Dillon “Ci ritroveremmo a fare i conti con la disuguaglianza che c’è ad Hollywood, e c’è sempre stata quando si parla di genere, così come con l’etnia”.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.