Dopo essere entrata nel guiness dei primati come prima nuotatrice transgender della storia universitaria a vincere le 500 yard stile libero femminili (poco più di 450 metri), e aver successivamente dovuto mandar giù secchiate di transfobia istituzionale, Lia Thomas potrebbe far suo il premio NCAA Woman of the Year 2022 dell’Università della Pennsylvania. Il suo ex ateneo l’ha infatti candidata per l’ambito riconoscimento, che mira ad onorare i “risultati accademici, l’eccellenza nell’atletica, i servizi rivolti alla comunità e la leadership delle atlete universitarie diplomate“.
Si tratta di 577 donne tra le oltre 220.000 atlete collegiali femminili a livello nazionale. Ne rimarranno nove, tre per ciascuna divisione NCAA. Per Lia, diventata caso nazionale politicamente e sportivamente parlando osteggiata, una piccola rivicita personale. Trionfi universitari, quelli di Thomas, che il governatore della Florida Ron DeSantis non ha mai accettato, a tal punto da celebrare la 2a arrivata, così come Donald Trump, che ha fatto suo il ‘caso Thomas’ per annunciare un potenziale divieto alle donne trans* nello sport, se lui dovesse tornare alla Casa Bianca.
Proprio i ripetuti successi di Lia, e il conseguente chiacchiericcio politico e mediatico, hanno portato la FINA a vietare di fatto alle nuotatrici trans* di poter gareggiare a livello competitivo. Lia, dal canto suo, ha fatto domanda per la facoltà di legge e sogna di poter nuotare alle Olimpiadi del 2024. Sports Illustrated ha descritto Thomas come “l’atleta più controversa d’America“.
In sua difesa si è esposta la nuotatrice olimpionica Erica Sullivan (“merita rispetto e ha diritto di gareggiare, come tutte noi”), mentre dall’Italia Giorgia Meloni ha così commentato i suoi risultati: “Assurdo che una persona con la forza e la stazza di un uomo competa tra le donne”.
© Riproduzione Riservata