La Russia prosegue nella sua ostentata guerra alla comunità LGBT, con un’altra denuncia presentata dal ministero della giustizia nei confronti della Sphere Charitable Foundation, l’entità legale sotto la quale opera da due decenni Russian LGBT Network.
Con atti legali inviati al tribunale di San Pietroburgo, il ministero ha affermato che “tutte le attività di Sphere sono contrarie alla politica statale progettata per preservare, espandere e sviluppare il capitale umano [del paese]”. Peccato che Russian LGBT Network, rete di di attivisti sparsa in 13 regioni, da anni non faccia altro che lottare per i diritti LGBT, avendo aiutato a scappare dalla Cecenia decine di persone LGBTQ perseguitate dal regime, gestito linee di assistenza e organizzato il primo storico Pride a San Pietroburgo.
Di tutt’altro avviso il Cremlino, secondo cui Russian LGBT Network diffonderebbe “punti di vista LGBT”, puntando a “cambiare la legislazione federale russa relativa al movimento LGBT”, ovvero la cosiddetta “legge contro la propaganda gay” che vieta la promozione di argomenti queer ai giovani minorenni. La causa intentata dal governo ha inoltre sottolineato il modo in cui la rete oserebbe promuovere “la parità di diritti e il rispetto della dignità umana indipendentemente dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. Tale posizione, afferma il ministero, è in contrasto con la politica statale, rappresentando così “una minaccia per l’ordine pubblico e lo stato di diritto”.
Igor Kochetkov, che ha fondato la Sphere Charitable Network nel 2011, ha duramente replicato via Facebook: “Questa è persecuzione politica, e il ministero della Giustizia, questa volta, non sta nemmeno cercando di nasconderla. Ecco perché ci elimineranno. Per il fatto che le nostre attività non sono ‘in linea con la politica statale’”.
Già nel 2016 le autorità russe avevano etichettato la Sphere Foundation come “agente straniero”. Per legge, tutte le organizzazioni non profit che ricevono finanziamenti al di fuori della Russia devono essere registrate come agenti stranieri, comunicare qualsiasi loro attività e presentare rendiconti finanziari regolari alle autorità competenti ogni sei mesi per poi essere esaminati attraverso audit annuali. L’eventuale chiusura definitiva di Russian LGBT Network, meno di due mesi dopo che la Corte Suprema russa ha ordinato la chiusura dell’organizzazione per i diritti umani Memorial International, sarebbe un altro passo in avanti compiuto da Vladimir Putin, che di fatto sta alacremente lavorando per trasformare la Russia in un Paese in cui le persone LGBT+ apparentemente non esistono.
Solo ieri abbiamo fatto il punto della situazione sui diritti LGBTQ+ nella Russia di Putin, pochi mesi or sono riuscito a paragonare i nuovi ceppi di coronavirus ai diritti transgender. Il mese scorso il Consiglio d’Europa ha pubblicamente criticato Russia, Regno Unito, Polonia e Ungheria per aver lanciato “attacchi virulenti” contro i diritti LGBT nel corso del 2021.