Viktor Orbán è arrivato ieri a Roma, dopo l’ennesima vittoria elettorale che l’ha visto riconfermato premier d’Ungheria. L’uomo che da anni porta avanti una battaglia omotransfobica nel proprio Paese è stato accolto da Papa Francesco, privatamente. 40 minuti di colloquio in cui il Pontefice ha ringraziato Orbán per aver aperto le porte del Paese ai profughi ucraini, donandogli una formella in bronzo raffigurante San Martino. E pensare che 20 giorni fa, dopo aver vinto le elezioni, il filo-putiniano Orbán disse di aver vinto “contro il globalismo. Contro Soros. Contro i media mainstream europei. E anche contro il presidente ucraino”. Tre settimane dopo è stato invitato in Vaticano con tutti gli onori del caso. Nel 2021 era stato Orbán ad accogliere il pontefice in Ungheria. Tra i due, evidentemente, ci sono affinità.
Nel pomeriggio il leader della destra ungherese ha fatto visita a Matteo Salvini. Un’ora di colloquio in cui la Lega ha fatto asse con Fidesz, partito ungherese di Orbán, “per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione illegale, la necessità di abbattere il carico fiscale per famiglie e imprese, per lavorare a un progetto di centrodestra europeo chiaramente alternativo ai socialisti, per difendere i valori e le radici dell’Occidente“. Con Papa Francesco sullo sfondo, a rendere ‘digeribile’ il viaggio romano di Orbán, si è stretto ancor di più il rapporto tra la destra nazionale e quella ungherese, per quanto Giorgia Meloni non abbia incontrato il premier, a voler quasi ribadire ancora una volta lo ‘strappo’ interno alla coalizione di centrodestra che vede Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia tutt’altro che unite. L’invasione russa dell’Ucraina è stata solo l’ultimo tassello di un mosaico che vede i tre leader andare in ordine sparso, il più delle volte, tanto da poter ipotizzare imminenti amministrative regionali a briglie sciolte, con candidati diversi regione per regione.
Ad accogliere Orbán nella Capitale anche Simone Pillon, senatore leghista che ha ventilato l’ipotesi di far approvare anche in Italia le omotransfobiche leggi ungheresi. “Abbiamo parlato anche della battaglia contro il gender“, ha precisato Pillon. “Nella costituzione ungherese ora si legge «il diritto dei bambini a un’identità corrispondente al loro sesso alla nascita» e «La madre è una donna, il padre è un uomo». Lo dovremmo prevedere anche noi“.
Nel frattempo Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, non è riuscito a prendere una semplice posizione sul ballottaggio francese che vedrà Emmanuel Macron sfidare Marine Le Pen. Interrogato da Lilli Gruber a Otto e Mezzo, l’ex Premier si è difeso con un imbarazzante “il Movimento 5 stelle non partecipa alle elezioni in Francia”, senza voler esplicitare la propria ‘preferenza’ politica. Come se Macron e LePen fossero equivalenti, sul piano politico nazionale e internazionale. Posizioni ambigue, quelle dei grillini, che inevitabilmente smuovono le acque della politica tricolore, con il Partito Democratico in allarme in previsione di potenziali ‘alleanze’ alle elezioni del prossimo anno. L’asse con Salvini, con cui Conte governò nel suo primo governo, potrebbe clamorosamente riprendere forma, in una sorta di cubo di Rubik in cui tutto si può ricomporre, anche dopo essersi rinfacciati di tutto.
Nel dubbio Paesi che erano stati messi ai margini d’Europa per le proprie indifendibili e indigeribili posizioni omotransfobiche, vedi Polonia e Ungheria, sono riusciti a ripulire la propria immagine grazie all’invasione ucraina dell’amico Putin, accogliendo milioni di profughi in fuga. Possibilmente bianchi, e certamente non transgender.
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