Il colpo di scena in casa leghista ha preso forma in Umbria. Simone Pillon rischia seriamente di non tornare in Parlamento, tra poco più di un mese quando l’Italia sarà chiamato al voto. Il senatore, acerrimo nemico della comunità LGBTQ, è stato spostato alla Camera e candidato in seconda posizione in Umbria senza il ‘paracadute’ dell’uninominale, dietro Valeria Alessandrini.
Pillon, sondaggi umbri alla mano, rischia seriamente di rimanere fuori da Montecitorio. “Ho accettato la candidatura alla Camera dei deputati nel collegio plurinominale dell’Umbria”, ha cinguettato l’ex senatore. “Dentro o fuori dal Parlamento il mio massimo impegno sarà sempre dalla parte della vita, della famiglia e dei valori cristiani che hanno plasmato la civiltà occidentale”.
A far sue le battaglie parlamentari contro la comunità LGBTQ+ potrebbe subentrare Massimo Gandolfini, leader del Family Day in odore di candidatura con Fratelli d’Italia. In difesa di Pillon è sceso Mario Adinolfi: “Chi conosce le microstorie del nostro mondo sa che io e Simone Pillon non andiamo d’accordo, ma spero che la Lega corregga le liste. Spostarlo dal Senato alla Camera e metterlo numero 2 in Umbria (dove con la riduzione dei deputati la Lega può prenderne forse 1) è un oltraggio“.
Pillon, che ha costruito una carriera politica nell’attaccare quotidianamente la comunità queer nazionale, è stato condannato in primo grado a 1.500 € di multa e ad una provvisionale di 30.000 € di risarcimento danni all’associazione Omphalos LGBTI. Il giudice di primo grado ha ritenuto gravemente diffamatorie e non corrispondenti al vero le dichiarazioni e i racconti che l’Avvocato Pillon faceva in giro per l’Italia sostenendo che l’associazione “adescasse minorenni” o che “istigasse ai rapporti omosessuali”. La Corte di Appello di Perugia aveva ribaltato il giudizio di primo grado, assolvendo il Senatore, ma successivamente la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza di assoluzione e ordinato un nuovo processo di appello.
Nelle ultime settimane Pillon ha dichiarato guerra alla Smemoranda, rea di “spiegare l’ideologia gender”, cullando esplicitamente il sogno di un divieto all’aborto e di una legge censorea e omotransfobica in stile Ungheria anche in Italia. Evidentemente troppo persino per Matteo Salvini, che se n’è altamente fregato del suo 93% di presenze in aula e dei suoi 14328 emendamenti, 269 disegni di legge e 132 interrogazioni in 4 anni e mezzo di legislatura. La prima e probabilmente ultima per Simone Pillon, 51enne ex senatore di cui nessuno sentirà la mancanza.
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