51enne mitico Pray Tell in Pose, Billy Porter è tornato a parlare dell’omofobia vissuta in prima persona, sulla propria pelle, da adolescente. Intervistato dal The Guardian, l’attore ha ricordato quanto accaduto con la sua chiesa.
Cantavo nella mia chiesa quando avevo cinque o sei anni. Già temevano che non fossi abbastanza mascolino. Ma quando cantavo, tutta la paura negli occhi degli adulti andava via. La mia comunità ecclesiastica disse che non sarei mai stato benedetto, se solo avessi scelto di essere gay. E sappiamo tutti che non è una scelta.
Citofonare ad Alfonso Signorini, potremmo dire, per un Porter che sognava di diventare una “Whitney Houston maschio“. Billy, come dimenticarlo, è cresciuto da afroamericano, gay dichiarato, cristiano praticante a Pittsburgh, in Pennsylvania. Una realtà che lo trasformò in un facile bersaglio per gli omofobi della città: “‘Abominio’ era la parola più usata per descrivermi, in famiglia e in chiesa. “Froc*o” era il termine preferito nella maggior parte degli altri luoghi”.
In passato l’attore ha rivelato anche che suo cugino minacciò di ucciderlo, se solo avesse ‘deciso’ di ‘diventare gay, così come l‘omofobia di Hollywood rischiò di stroncare sul nascere la sua carriera. Vinto l’Emmy come miglior attore drama con Pose, primo attore dichiaratamente gay afroamericano a riuscirci, Billy sarà una fata madrina ‘genderless’ nel nuovo live-action di Cenerentola, per poi dirigere “What If?”, suo esordio alla regia con una love story tra un ragazzo e un’adolescente trans.
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