Dopo il golf e il tennis, con le Next Gen Finals che si terranno a Gedda fino al 2027, e i mondiali di calcio del 2034, anche l’Expo del 2030. L’Arabia Saudita che calpesta quasi con orgoglio i diritti di donne e persone LGBTQIA+ si sta comprando i più ambiti eventi internazionali. Il potere sconfinato del petrodollaro ha facilmente conquistato prima la FIFA, con calciatori come Cristiano Ronaldo che hanno prestato la propria faccia da 613 milioni di follower Instagram a sostegno della candidatura araba, e a seguire i Paesi membri del Bureau international des Expositions, arrivati ieri al Palais des Congrès di Issy-les-Moulineaux, con Riad in trionfo.
119 voti conquistati, contro i 29 di Busan e gli appena 17 di Roma, tristemente ultima. La capitale d’Italia non ha ottenuto neanche un voto dai 27 Paesi dell’Unione Europea.
In Arabia Saudita, lo ricordiamo, l’attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è ancora oggi considerata illegale, con punizioni che contemplano la reclusione, punizioni corporali giudiziarie eseguite in pubblico fino a giungere, nei casi più gravi, alla pena di morte. Il numero di frustate non è previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice. In Arabia Saudita si applica ancora la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche tramite decapitazione. Altri condannati vengono giustiziati in prigione tramite fucilazione, senza dimenticare le lapidazioni e le crocifissioni. I film considerati “lgbtqia+” sono semplicemente banditi. Sono un anno fa le autorità saudite hanno ritirato da tutti i negozi giocattoli e vestiti arcobaleno, perché “invitano alla deviazione omosessuale”. Nel 2019 cinque uomini vennero decapitati perché omosessuali, mentre un 19enne omosessuale è stato arrestato per aver pubblicato sui social una foto in cui indossava dei pantaloncini corti leopardati.
In Arabia Saudita le donne possono frequentare gli studi dalla scuola primaria all’università, ma in istituti separati da quelli maschili. Devono avere un tutore di sesso maschile per svolgere determinate mansioni, quali viaggiare all’estero, sposarsi e sottoporsi ad un intervento chirurgico, o anche solo aprire un proprio conto in banca, avere un giusto processo ed interagire con altri uomini. Nel Global Gender Gap Report 2016 del World Economic Forum l’Arabia Saudita si è classificata 141ª su 144 paesi rispetto alla parità di genere. Nel 2021 ha fatto sua la 147esima posizione su 156 paesi analizzati, con un punteggio di 0,603 su 1,000.
“A Riad si terrà l’Epo 2030: ovvero l’esposizione dell’omofobia”, ha commentato amaramente su X Vladimir Luxuria. “Accorrete nel Paese dove essere gay comporta il rischio di punizioni corporali fino alla pena di morte: mettete il vostro padiglione in Arabia Saudita dove essere trans è un reato: davvero complimenti della scelta”.
“Riad ha vinto. Uno dei Paesi più fascisti e retrogradi del mondo”, ha scritto su Instagram Fabio Canino. “Ma sono ricchi. Molto. Tanto da potersi comprare tutti. Poi c’era l’Italia dei fascisti anche loro ma ridicoli e poveri. Che tenereza pensavano di poter organizzare l’Expo. Amori ma a voi non farebbero organizzare nemmeno un picnic”.
L’Expo appena conquistato si intreccia al programma strategico Saudi Vision 2030, che punta a diversificare l’economia del Paese sviluppando settori di servizio pubblico come sanità, istruzione, turismo e intrattenimento, con un investimento di 12.000 miliardi di dollari. Per i diritti, guardare altrove.
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