Africa, in Burkina Faso il filorusso Traorè vieta le trasmissioni LGBTQIA+

"L'obiettivo principale è proteggere i giovani da contenuti mediatici inadatti alla loro età, ai nostri valori e alla nostra morale". Proprio come accade in Russia.

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La condizione attuale in Burkina Faso è motivo di grande inquietudine, sia sotto il profilo politico sia in materia di diritti umani. La recente insurrezione e l’insediamento al potere di Ibrahim Traoré hanno dato origine a una catena di decisioni discutibili che rischiano di influenzare negativamente la democrazia e i diritti umani nel territorio.

Tra queste, il ban alla diffusione televisiva di contenuti legati all’omosessualità costituisce un regresso significativo per i diritti della comunità LGBTQIA+ in Burkina Faso, alimentando timori in merito alla salvaguardia delle minoranze in una nazione già segnata da instabilità politica e violenza.

Vietata la trasmissione di programmi a sfondo LGBTQIA+

In una preoccupante mossa del Consiglio Superiore delle Comunicazioni (Csc), il Burkina Faso ha recentemente vietato la trasmissione di programmi televisivi che mostrano scene di omosessualità – per adesso solo all’interno dei palinsesti dedicati a bambini ed adolescenti.

L’autorità di regolamentazione conta sul coinvolgimento di tutte le parti interessate, in particolare gli editori, i distributori di servizi audiovisivi, gli operatori radiotelevisivi e i genitori, per garantire l’effettiva attuazione di questa decisione, il cui obiettivo principale è proteggere i giovani da contenuti mediatici inadatti alla loro età, ai nostri valori e alla nostra morale”.

Una decisione presa nel nome della “tutela dei minori”, che però potrebbe avere un significato ben più profondo, considerando le affiliazioni politiche dell’attuale dittatura militare in Burkina Faso. Una decisione non dissimile da quanto deciso dalla Russia di Putin. E ora scopriamo quali siano le connessioni.

Il recente colpo di stato e la dittatura militare filorussa di Ibrahim Traoré

La situazione politica in Burkina Faso è stata turbolenta negli ultimi anni, con un recente colpo di stato che ha portato al potere la giunta militare del Movimento Patriottico per la Salvaguardia e il Restauro, guidata dalla controversa figura di Ibrahim Traoré.

Traoré, 35 anni, ex ufficiale dell’esercito, ha assunto il ruolo di Presidente ad interim dopo aver rovesciato il precedente leader della giunta, Paul-Henri Sandaogo Damiba, a causa della sua incapacità di contenere l’insurrezione jihadista nel paese.

Da allora, Traoré ha preso una serie di decisioni discutibili, tra cui l’espulsione delle forze francesi che assistevano nella lotta contro l’insurrezione locale e l’espressione di supporto per una federazione con Mali e Guinea, entrambi attualmente sotto leadership militare.

Traoré è spesso stato associato al gruppo mercenario russo Wagner. Il governo ghanese aveva sollevato l’ipotesi che, in seguito al colpo di stato, Traoré avesse iniziato a lavorare con il gruppo Wagner, reclutando mercenari per combattere contro i ribelli jihadisti. Durante la marcia sulla capitale Ouagadouagou, diversi militari e sostenitori sono stati visti sventolare bandiere russe.

Il governo di Traoré ha espresso opinioni anti-francesi e pro-russe, e ha preso la decisione di riaprire l’ambasciata russa in Burkina Faso, chiusa dal 1992. 

Nonostante i continui tentativi di negare la propria affiliazione con il gruppo Wagner, Traoré ha partecipato proprio a inizio mese al summit Russia-Africa a San Pietroburgo – insieme ad altri 17 capi di stato africani, dove ha espresso opinioni fortemente antieuropee per poi stringere la mano a Vladimir Putin.

Mosse che hanno sollevato preoccupazioni sulla crescente influenza della Russia in Africa e sul possibile impatto che questo potrebbe avere sui diritti umani e sulla democrazia nel continente, nonché sui rapporti con l’Unione Europea.

La situazione dei diritti LGBTQIA+ in Burkina Faso

Sebbene l’omosessualità non sia esplicitamente illegale in Burkina Faso, non esistono leggi che proteggono la comunità LGBTQIA+ da discriminazione o violenza, nè tantomeno una tutela per le coppie dello stesso sesso. Inoltre, l’omosessualità è ancora largamente stigmatizzata nella società, e molti membri della comunità sono costretti a vivere nell’ombra e nella paura.

La stessa popolazione si fa “giustizia da sola”, con buona pace delle autorità che tendono spesso a chiudere un occhio verso gli episodi di violenza contro la comunità.

Situazione in Africa in continuo peggioramento per la comunità LGBTQIA+

Il Burkina Faso è solo uno dei paesi in cui la comunità LGBTQIA+ viene isolata o criminalizzata in Africa. Alcuni stati considerano l’omosessualità un reato punibile con la prigione, con alcune delle leggi più severe in paesi come il Gambia, la Sierra Leone e l’area centro-africana, che includono Uganda, Kenya, Tanzania e Zambia, dove è previsto persino l’ergastolo.

Altri paesi come Eritrea e Sudan del Sud prevedono pene detentive dai 7 ai 10 anni, mentre Libia e Camerun prevedono fino a 5 anni di detenzione e multe salatissime. Situazioni simili si verificano in Marocco, Ghana, Guinea, Togo e Tunisia, con detenzioni fino a 3 anni, e in Algeria e Ciad, con 2 anni di carcere, mentre in Liberia e Zimbabwe la pena è di un anno.

In altri paesi, come l’Egitto, l’omosessualità non è criminalizzata per legge ma di fatto, come dimostrano diversi report. In 22 stati su 54, tra cui Niger, Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Congo e Gabon, non è prevista alcuna protezione specifica per la comunità LGBTQIA+, atteggiamento che favorisce episodi di discriminazione e stigma sociale.

In Uganda, la comunità LGBTQIA+ è discriminata per legge. Nel dicembre 2013, il disegno di legge anti-omosessualità è stato approvato dal parlamento, estendendo le pene a coloro che “promuovono” l’omosessualità. Disegno di legge che è poi stato rafforzato negli anni, con emendamenti sempre più severi.

Chi appartiene alla comunità LGBTQIA+ e viene accusato di avere avuto una relazione sessuale consensuale con una persona dello stesso sesso rischia l’ergastolo. Anche la libertà di espressione è ristretta e sanzionata: film, spettacoli e contenuti per il largo consumo possono essere soggetti a censura in quanto “contrari alla morale pubblica”.

Qui, recentemente, quattro persone sono state arrestate in un centro massaggi con l’accusa di aver compiuto “atti omosessuali”. Avvenimento che si inserisce in un contesto più ampio di repressione dei diritti delle persone LGBTQIA+ nel paese, dove il presidente Museveni ha addirittura chiesto all’intero continente africano di “salvare il mondo” da quella che lui definisce “pericolosa” omosessualità.

In Senegal, dieci persone sono state arrestate a causa di “sospetti comportamenti omosessuali”, e in un episodio separato, una folla ha aggredito un turista, sospettato di essere gay. Questi eventi sono un’espressione della profonda discriminazione e violenza che la comunità LGBTQIA+ subisce in Senegal, ennesimo paese africano in cui l’omosessualità è criminalizzata e stigmatizzata dalla società.

In Nigeria, le relazioni omosessuali sono proibite. Nel gennaio 2014, il presidente nigeriano ha approvato alcuni emendamenti alle leggi esistenti, rendendo le condizioni di detenzione più dure e le pene molto più severe: il massimo della pena è 14 anni di carcere. Nella Nigeria settentrionale è prevista invece la pena di morte.

Qui, anche la popolazione contribuisce attivamente alla persecuzione: recentemente, un documentario della BBC ha rivelato l’ignobile operato di alcune bande omofobe che, attraverso l’utilizzo delle app di dating, adescavano persone omosessuali per derubarle e torturarle. 

In Ghana, un attivista gay è stato rapito, tenuto in ostaggio e brutalmente picchiato da sette individui omofobi. Questo incidente terrificante è un esempio del pericolo costante che le persone LGBTQIA+ devono affrontare in Ghana, dove la comunità è già minacciata da un nuovo disegno di legge estremamente omofobico e transfobico, considerato uno dei più severi degli ultimi anni.

Un’incredibile ondata di oppressione ingiustificata, che tiene le organizzazioni internazionali per la salvaguardia dei diritti umani col fiato sospeso, e che avvicina sempre di più l’Africa a posizioni in netto contrasto con quelle dell’Unione Europea.

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