Un mese di guerra nel cuore dell’Europa. Poco meno di un mese fa la Russia di Vladimir Putin invadeva uno stato sovrano. Un mese dopo abbiamo un Paese raso praticamente al suolo, milioni di sfollati, migliaia di morti, l’economia mondiale sull’orlo del baratro e l’incubo di un conflitto atomico ad aleggiare sul Vecchio Continente, mentre in Italia i deputati e senatori filo-putinisti disertano l’intervento di Zelensky al parlamento in seduta comune. Perché alla vergogna non c’è mai fine.
La guerra, qualsiasi guerra, è da sempre un punto di non ritorno, nonché una terribile macchina del tempo per frenare il ticchettio dell’orologio, obbligando i diretti interessati a tornare indietro di anni, se non di decenni. Se l’Italia stava finalmente faticosamente abbracciando delle politiche energetiche green, da qualche a settimana a questa parte siamo tornati ai fossili. Prima che Putin decidesse di invadere l’Ucraina, nel Bel Paese si era tornati a parlare di diritti, con il Pd che aveva lanciato 5 Agorà nazionali per rilanciare l’attenzione, la riflessione e la mobilitazione sul DDL Zan.
Il 27 aprile 2022, infatti, termina l’”embargo” del Senato di sei mesi alla discussione della legge contro i crimini d’odio. Ricordate l’indecente applauso dei senatori di centrodestra dinanzi all’approvazione della tagliola nei confronti del DDL Zan? Avveniva esattamente 5 mesi fa. Era il 27 ottobre 2021. Le 5 annunciate Agorà sul DDL Zan avrebbero dovuto coinvolgere Milano, Padova, Firenze, Taranto e Palermo, a partire da metà marzo. Ma tutto è saltato, causa guerra in Ucraina che ha inevitabilmente divorato l’intera agenda politica nazionale. D’altronde come parlare d’altro, quando alle porte di Romania e Polonia si corre il serio rischio di una Terza Guerra Mondiale? Alessandro Zan, via social, ha annunciato che le Agorà si terranno ad aprile, ma non ci sono date certe perché nulla è certo dinanzi all’invasione russa dell’Ucraina, alla straordinaria resistenza del popolo ucraino, alle imprevedibili mosse di un Putin sempre più isolato e all’angolo. E proprio per questo motivo ancor più pericoloso.
Dal centrodestra ‘leader’ come Matteo Salvini e Giorgia Meloni sarebbero pronti a cavalcare il benaltrismo in pochi minuti, dinanzi ad ‘una sinistra’ che si mette a parlare di ‘omotransfobia e matrimonio egualitario’ quando gli italiani hanno da pensare al caro bollette, alla benzina e all’inflazione che cavalca, con l’Ucraina sotto le bombe del loro ‘amico’ Vladimir. Un disco rotto facilmente intuibile, mentre i diretti interessati attaccano Lia Thomas, si mettono a discutere di atleti trans* e della mancanza di un aeroporto in quel di Cortina (cit. Santanchè). Ma è chiaro che prima o poi bisognerà tornare ad abbracciare un’agenda politica che sia in grado di affrontare anche temi differenti dall’attualità bellica, vedi anche il cosiddetto “fine vita” approvato alla Camera e in attesa di bis al Senato.
“Dobbiamo evitare il ritorno nel silenzio, il nostro compito principale è tenere le luci dei riflettori accese, solo così la questione resterà centrale”, diceva Enrico Letta lo scorso dicembre nel presentare le 5 Agorà con vista sul DDL Zan, quando la guerra in Ucraina sembrava fantascienza. “Per noi è un dovere storico far sì che l’Italia diventi un Paese più civile e moderno, con una legislazione più europea sul tema dei diritti“, insisteva il segretario Pd. “E’ un dovere storico cancellare questa paura e questa inerzia di andare verso il futuro, che c’è anche nel nostro Parlamento. Proteggere i diritti delle persone è qualcosa di positivo, non è un delitto, non è qualcosa che priva la libertà di nessun altro, noi vogliamo proteggere i diritti delle persone e vogliamo spiegare che ciò non lede la libertà di nessuno”, concludeva Letta. Sono passati appena 3 mesi, per quanto sembrino tre anni.
Perché le guerre questo fanno. Devastano Paesi, popoli, vite, economie, soffocano memoria e pensieri, obbligandoci a stagnare, tra ansie e paura. Ma tra un mese il Parlamento potrà tornare a discutere anche di omotransfobia, dopo l’indecente frenata di ottobre, e il quesito si pone. Come comportarsi? La bandiera rainbow rappresenta tanto il movimento LGBTQ+ in tutta la sua interezza quanto la Pace. Perché Pace e diritti vanno di pari passo. Perché si può stare al fianco dell’Ucraina contro l’invasore Putin e al tempo stesso ribadire l’urgenza di leggi che da decenni milioni di italiani attendono. Pacificamente, rispettosamente, ma fortunatamente sempre più fermamente. Perché oggi non possiamo tornare a ieri, perché il domani è già oggi e il tempo dei diritti non dovrebbe mai fermare le proprie lancette. Nemmeno in guerra.
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