Il clima politico in Ghana sta attraversando una fase di tensione acuta che ha raggiunto livelli critici sul fronte sociale e su quello geopolitico. In una sequenza preoccupante di eventi, il paese si trova al centro di una crisi che va oltre i confini nazionali, e fa emergere il Ghana come epicentro di instabilità e tensioni nel contesto africano e internazionale.
Emblema della crescente disillusione pubblica verso l’amministrazione in carica, le recenti proteste organizzate da Democracy Hub hanno messo in luce non solo la frustrazione accumulata per anni di crisi economica, ma anche il crescente malcontento verso un governo che delegittima qualsiasi forma di dissenso attraverso una repressione violenta e indiscriminata.
In parallelo, la controversa posizione anti-LGBTQ dell’attuale governo sta ulteriormente polarizzando la società ghanese e ha attirato l’attenzione della comunità internazionale per un disegno di legge di cui Gay.it aveva già parlato, che non solo stigmatizza e criminalizza ulteriormente una fetta già vulnerabile della popolazione, ma alimenta anche un clima di paura e persecuzione.
L’attuale situazione di instabilità è ulteriormente complicata dalla delicata questione del possibile dispiegamento di truppe in Niger, paese anch’esso sconvolto dal n recente colpo di stato militare, che non solo mette in luce la dimensione regionale della crisi, ma solleva anche preoccupazioni su come un intervento militare potrebbe ulteriormente esacerbare le tensioni non solo in Ghana, ma in tutta l’Africa occidentale.
Ghana, proteste e arresti davanti al palazzo del governo
Nelle scorse settimane, sono state diverse le proteste e le manifestazioni pubbliche in risposta all’escalation della crisi economica che affligge il paese, per iniziativa dell’organizzazione Democracy Hub, un network collaborativo che unisce diverse associazioni ed elementi della società civile ghanese.
Con un tasso di inflazione che ha raggiunto la soglia allarmante del 40%, la vita quotidiana in Ghana è infatti diventata virtualmente insostenibile per un’ampia fetta della popolazione.
Nonostante il dichiarato intento pacifico (seppur determinato) delle proteste – che coinvolgevano principalmente civili –, la risposta delle autorità è stata tutt’altro che misurata. Numerosi gli scontri e i successivi arresti, non solo tra i manifestanti ma anche tra i giornalisti presenti sul campo, inclusi due corrispondenti della BBC, quest’ultimi poi rilasciati.
Invece di indirizzare le legittime preoccupazioni dei cittadini, l’azione del governo sembra aver accentuato le divisioni e i malumori, ponendo seri interrogativi sulla salute democratica del Ghana e sulla sua capacità di gestire le crisi interne senza fare ricorso alla violenza.
🇬🇭 Protesters arrested in Ghana for defying police ban
On Thursday, more than 50 protesters have been arrested in Ghana for defying a police order not to demonstrate in the capital, Accra.
A group calling itself the Democracy Hub was embarking on a three-day protest about… pic.twitter.com/JZZGt2tY6w
— Dēmiurgòs (@DemiurgosCaen) September 23, 2023
Ghana, il nuovo disegno di legge anti-LGBTQIA+
Un elemento che aggiunge un ulteriore strato di complessità e preoccupazione al già turbolento quadro politico e sociale in Ghana è lo spettro del disegno di legge anti-LGBTQIA+, già ampiamente criticato dalla comunità internazionale.
Promosso e sostenuto dal presidente Nana Akufo-Addo, il progetto legislativo non si limita a criminalizzare e stigmatizzare le relazioni omosessuali, ma estende il suo ambito d’azione, introducendo un inquietante “dovere di denuncia” per i cittadini, in cui si richiede alla popolazione di segnalare attivamente alle autorità individui sospettati di essere coinvolti in relazioni omosessuali o di appoggiare la legittimità di tali relazioni. Proprio come accade già in Etiopia.
Nella città di Kumasi, quattro uomini sono stati recentemente aggrediti sulla base della sola sospetta omosessualità, mentre in un altro caso, un attivista gay è stato rapito, tenuto in ostaggio e brutalmente picchiato da una gang omofoba.
Una situazione che riflette il ben più ampio contesto africano in materia di diritti LGBTQIA: in Uganda, un ragazzo di 20 anni è stato recentemente accusato di “omosessualità aggravata” e rischia la pena di morte, un segnale allarmante dell’escalation dell’intolleranza nel Paese, dove in precedenza quattro persone erano già state arrestate in un centro massaggi con l’accusa di “aver compiuto atti omosessuali”.
Contemporaneamente, in Nigeria, dove le bande omofobe utilizzano app di dating come mezzo per individuare, derubare e torturare persone gay, 100 persone sono state arrestate con l’accusa di aver partecipato a un matrimonio omosessuale, mentre in Burkina Faso, il filorusso Traorè ha proibito tutte le trasmissioni LGBTQIA+.
La situazione è preoccupante anche in Senegal, dove sono stati arrestati 10 individui per “sospetti comportamenti omosessuali”. In Kenya è in corso la stesura di una legge che mira a proibire “tutto ciò che ha a che fare con l’omosessualità”, misura che, se approvata, limiterà ulteriormente i diritti e le libertà della comunità.
Episodi che, pur essendo geograficamente dispersi, rappresentano una preoccupante tendenza alla discriminazione e alla criminalizzazione dell’omosessualità in tutto il continente africano.
E, come spesso accade, atti violenti di questo tipo non fanno che gettare benzina sul fuoco, creando un effetto domino di autocensura e isolamento sociale, che porta molti membri della comunità LGBTQIA+ a ritirarsi dalla vita pubblica e a vivere in uno stato di ansia e apprensione costanti.
Il DDL ghanese, se approvato, rischia di istituzionalizzare queste dinamiche, rendendole una caratteristica permanente del tessuto sociale del paese.
Le tensioni tra Niger e Ghana
Nel contesto di queste turbolente dinamiche interne, il Ghana si confronta anche con tensioni diplomatiche e militari con il Niger, paese limitrofo anch’esso attraversato da profonde crisi istituzionali e politiche.
Una giunta militare ha infatti destituito il presidente legittimamente eletto, creando un vuoto di potere e una situazione di instabilità che ha implicazioni per l’intera regione dell’Africa Occidentale.
All’interno di questo delicato scenario geopolitico, il Ghana sta valutando la possibilità di un intervento militare, un’opzione che alza considerevolmente le posta in gioco in termini di sicurezza regionale e dinamiche di potere.
Nonostante le chiamate all’azione diplomatica da parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), la situazione rimane fluida e imprevedibile, con implicazioni che potrebbero rapidamente sfuggire al controllo.
Se il Ghana decidesse di intervenire militarmente, le ripercussioni potrebbero essere immediate e di vasta portata. Un’azione militare comporterebbe non solo rischi concreti sul terreno, ma potrebbe anche deteriorare ulteriormente le relazioni diplomatiche con altri stati africani e con la comunità internazionale nel suo insieme.
Questo, a sua volta, potrebbe ostacolare gli sforzi collettivi per stabilizzare la regione, e potrebbe scatenare una crisi umanitaria con flussi di rifugiati, situazioni di sradicamento e potenziale perdita di vite umane.
L’intervento militare potrebbe infatti deviare risorse e attenzione da problemi critici che il Ghana sta già affrontando internamente, come la crisi economica e le tensioni sociali. In contesto simile, l’apertura di un nuovo fronte esterno potrebbe mettere ulteriormente a rischio la stabilità interna.