Qatar 2022, addio al Mondiale dell’Omotransfobia. Mai più, cara FIFA

Dopo 28 giorni di furibonde polemiche e censure, è andato in archivio il mondiale di calcio più contestato di sempre. Ripercorriamo quanto avvenuto nell'ultimo mese.

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Il campionato mondiale di calcio 2022 che si è svolto in Qatar è ufficialmente finito ieri con l’Argentina di Lionel Messi meritatamente campione del mondo davanti alla Francia di Kylian Mbappé, capocannoniere del torneo vergognosamente deriso da Mario Adinolfi solo e soltanto perché fidanzato con una donna trans*.

Poco più di un mese di gare che hanno visto 32 nazionali partecipanti, Italia esclusa perché non qualificatasi, in otto stadi appositamente costruiti che hanno abbracciato 64 partite, mai come in questa occasione travolte dalle critiche e dalle polemiche, nate nel lontanissimo 2010 quando la FIFA ebbe la brillante idea di far giocare un mondiale di calcio in inverno in un Paese che prende quotidianamente a calci i diritti umani. Quella folle scelta, come poi certificato da vare inchieste, venne riccamente alimentata attraverso i petroldollari.

Migliaia di lavoratori sottopagati sarebbero morti per la costruzione degli stadi del Qatar, dove l’omosessualità è ufficialmente illegale, con pene che vanno dai 7 anni di carcere alla pena di morte. Prima del via si è detto di tutto, con bandiere rainbow bandite, attivisti arrestati, cantanti ed ex calciatori (citofonare David Beckham) che hanno accettato lauti compensi ed altri che li hanno rifiutati, fino all’ambasciatore qatariota che ha definito l’omosessualità un “danno mentale”.

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La FIFA, che inizialmente aveva dato il suo via libera, ha vietato l’utilizzo delle fasce rainbow OneLove contro l’omotransfobia, minacciando ammonizioni in campo a chiunque violasse il regolamento. 8 nazionali hanno così dovuto abbandonare l’intento di indossare le inclusive fasce, scatenando reazioni in tutto il mondo.

La Germania è scesa in campo al debutto ‘tappandosi la bocca’ davanti ai fotografi, proprio per rimarcare l’assurda censura subita. La ministra tedesca Nancy Faeser ha visto quella stessa partita dagli spalti con la contestata fascia rainbow al braccio, al fianco del presidente FIFA Infantino che solo 48 ore prima aveva provato a smorzare le polemiche con una ridicola conferenza stampa, in cui il suo portavoce ha fatto coming out.

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Nel frattempo all’ingresso degli stadi tifosi e giornalisti sono stati obbligati a buttare nell’immondizia oggetti ‘rainbow’, sia che fossero cappellini e/o magliette. Un giornalista americano è stato anche portato via a forza dagli spalti perché rifiutatosi di buttare una fascia arcobaleno sfuggita ai controlli.

L’italiano Mario Ferri ha invaso il campo con la bandiera rainbow durante Portogallo – Uruguay, sfidando la sicurezza e la regia internazionale, in difficoltà nel provare a non riprenderlo. Fallendo. Colori della pace, nel pieno dell’invasione russa in Ucraina, e della comunità LGBTQI+ internazionale, in quello che è diventato il mondiale dell’omotransfobia, dei capitani e delle nazionali che avrebbero voluto esporsi ma non hanno potuto farlo per non indispettire i ricchissimi organizzatori.

Qatar 2022, addio al Mondiale dell'Omotransfobia. Mai più, cara FIFA - Qatar 2022 Mario Ferri invade il campo con la bandiera arcobaleno durante Portogallo Uruguay - Gay.it

Nel frattempo la Virgin Atlantic ha revocato la politica gender neutral delle uniformi del proprio personale per i viaggi in Qatar, con Fiorello, dall’Italia, che ha ‘rappato’ contro la FIFA e il suo divieto alla fascia rainbow, cantando “L’amore non si schifa”.

In Rai si sono schierati apertamente anche Alessandra De Stefano, da un anno direttrice di RaiSport nonché presentatrice del Circolo dei Mondiali, e Federico Bernardeschi, ex giocatore di Fiorentina e Juventus oggi in Canada che è apparso, commosso, con mano pittata di arcobaleno proprio nel corso della trasmissione di Rai1, sottolineando come sia “abominevole quando si calpestano i diritti”.

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Anche un ex campione del mondo come Marco Tardelli ha chiesto a calciatori come Ronaldo e Messi di far sentire la propria voce per i diritti, ma da parte di Cristiano e Lionel, incredibilmente costretto ad indossare il Bisht, tradizionale tunica araba infilatagli dall’emiro Tamim Bin Hamad Al Thani durante la premiazione post-finale, non c’è stato niente di niente, in tal senso.

La Federcalcio inglese ha duramente criticato la FIFA per aver “negato il nostro sostegno alla comunità LGTBQ+”, mentre dalla Federcalcio italiana, seppur sollecitata da più parti, non è arrivata nessuna presa di posizione.

Se la morte di un giornalista inglese che aveva assistito ad una partita con la maglia rainbow in omaggio a suo fratello gay ha alimentato sospetti, Saad Sherida Al-Kaabi, Ministro dell’Energia e Presidente e CEO di QatarEnergy, società statale che gestisce tutte le attività petrolifere e del gas nello Stato del Qatar, ha chiesto ai turisti LGBTQI+ di “non provare a cambiarci”.

grant wahl maglietta arcobaleno t-shirt rainbow qatar
grant wahl maglietta arcobaleno t-shirt rainbow qatar

Fino all’arrivo dell’attesissima finalissima di domenica pomeriggio, straordinaria dal punto di vista emotivo e sportivo, ma giocata a 5 minuti di distanza da un centro che pratica le Terapie di Conversione. Centro finanziato dal governo del Qatar.

Ultima ciliegina su una torta miliardaria che ha quotidianamente sputato sul piatto dei diritti, negando persino al presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj un messaggio di pace prima di Argentina-Francia, arricchendo le tasche FIFA e alimentando indignazione globale.

Tra 4 anni, nel 2026, ci ritroveremo tutti ai Mondiali di Calcio XXL per la prima volta a 48 squadre, giocati per l’occasione in 3 Paesi diversi: Canada, Messico e Stati Uniti d’America. Tre Paesi in cui il matrimonio egualitario è legge.

Per l’Italia significherà assistere a partite ad orari quasi impossibili, tra notte e lunghe mattinate, ma sul fronte dei diritti, a meno che da qui al 2026 non accada l’imponderabile, certamente non  assisteremo ad un altro mondiale come Qatar 2022. Perché mai nulla di simile sarà ancora una volta silenziosamente accettato. O almeno questo è quello che chiunque ami il calcio dovrebbe augurarsi. Perché chi sostiene che sia soltamente “un gioco”, mente sapendo di mentire.

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