Omofobia / Omobilesbotransfobia
“Omofobia” (con le sue varianti più inclusive “omobilesbotransfobia” e “queerfobia”) è una patologia che prevede l’odio nei confronti di orientamenti sessuali non etero e identità di genere non cisgender. È basata sul pregiudizio ed è analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo.
L’omofobia non è inserita in alcuna classificazione clinica delle varie fobie. Infatti, non compare né nel DSM né nella classificazione ICD. Il termine, come nel caso della xenofobia, è solitamente utilizzato in un’accezione generica (riferita a comportamenti discriminatori) e non clinica.
“Omofobia” deriva dal greco homos (stesso, medesimo) e “fobos” (paura). Letteralmente significa “paura dello stesso”, tuttavia il termine “omo” è qui usato in riferimento ad omosessuale.
Il termine è un neologismo coniato dallo psicologo clinico George Weinberg nel suo libro “Society and the Healthy Homosexual” (La società e l’omosessuale sano), pubblicato nel 1971. Un termine precursore è stato “omoerotofobia”, coniato dal dottor Wainwright Churchill nel libro “Homosexual behavior among males” (Comportamento omosessuale tra maschi), pubblicato nel 1967.
L’omofobia consiste anche nel giustificare, condonare o scusare atti di violenza o di discriminazione, di marginalizzazione e di persecuzione perpetrati contro una persona in ragione del suo reale o presunto orientamento non eterosessuale (si pensi ai soggetti bisessuali o anche semplicemente a persone che hanno un atteggiamento o un aspetto che non rientra nel comune stereotipo di genere sessuale, ad esempio le persone definite “effeminate”).
Probabilmente l’omofobia è correlata al timore di essere considerati non eterosessuali all’interno di una società eterocisnormativa. Questo timore, dice Erich Fromm, è più frequente negli uomini che nelle donne, perché dal punto di vista culturale il maschio omosessuale viene considerato una “femminuccia”.