Uranista (uranismo)/Urningo/Urninga
“Uranista” (da uranismo”, così come “urningo”/”urninga” è un termine arcaico per “gay”. In particolare Uranismo è un sinonimo ottocentesco di omosessualità maschile ricettiva, un prestito dal tedesco Urningtum, creato nel 1864 dal militante omosessuale Karl Heinrich Ulrichs (1825-1895), che lo aveva coniato sul nome di Afrodite Urania (cioè nata dal dio Urano), indicata nel Simposio di Platone come la dea che protegge gli amori omosessuali.
La persona connotata da “uranismo” si definisce “urningo” (dal tedesco urning), uranita e soprattutto uranista (quest’ultimo fu il termine preferito nella lingua italiana), mentre il corrispettivo femminile di questi termini, urningina, non ha mai attecchito nella nostra lingua.
La differenza fra questo termine e omosessualità, creato nel 1869 da un altro militante omosessuale, Karl-Maria Benkert, rispecchia anche una differenza di punti di vista sulla natura delle persone che amavano persone del loro stesso sesso: Ulrichs era l’inventore della tesi del terzo sesso, e cercava nella biologia la ragion d’essere dell’omosessualità.
Secondo Ulrichs, i sessi umani non sono due, ma tre: maschile, femminile e intermedio. L’uranista è l’appartenente a questo “terzo sesso”, che mescola caratteristiche del sesso maschile e di quello femminile, e che Ulrichs affermava essere stato trascurato dalla scienza fino a quel momento. Karl-Maria Benkert era invece sostenitore del carattere pienamente “virile” del maschio omosessuale (il lesbismo interessava poco o nulla a questi teorici), e non poteva quindi che contrapporre un “suo” neologismo a quello di Ulrichs, per prendere le distanze dalla visione del terzo sesso, che non condivideva. I due termini e i due concetti si fecero concorrenza, e fino alla fine del secolo scorso sembrò che uranismo l’avesse vinta. La tesi del “terzo sesso” venne accettata da giuristi e neurologi ottocenteschi come tesi del “konträre Sexualempfindung” (concetto tradotto in italiano come “sentire sessuale contrario” e, nel 1870, come “inversione sessuale” da Arrigo Tamassìa). Questo fu possibile perché fino al 1949 i concetti di omosessualità e transessualismo non furono separati, dal punto di vista teorico.Tuttavia, attorno al 1890 il termine omosessualità iniziò ad apparire sempre più spesso in pubblicazioni scientifiche di medici e psichiatri (soprattutto di Richard von Krafft-Ebing) che avevano direttamente o (più spesso) indirettamente letto le tesi di Benkert. Furono però i grandi scandali d’inizio secolo (Oscar Wilde, Friedrich Alfred Krupp, Moltke-Eulemburg) a rendere noto il termine omosessualità alla popolazione generale essendo questo un eufemismo percepito come “scientifico” e quindi “neutrale”, perciò adatto ai giornali. Per l’intermediario della letteratura medico-scientifica il termine “omosessualità” passò alla psicoanalisi, che rifiutava a priori l’idea di una “causa organica” dell’omosessualità, come quella sottintesa in uranismo. Con il trionfo completo della psicoanalisi subito dopo la seconda guerra mondiale, la parola ed il concetto di uranismo scomparvero definitivamente dall’uso. La sconfitta della proposta di Ulrichs non dipese solo dal fatto che essa esprimeva una concezione, quella del terzo sesso, che passò di moda, ma anche dall’ansia catalogatrice di Ulrichs che, per paura che qualche tipo di omosessuale fosse dimenticato (e quindi privato del “diritto di cittadinanza” che egli chiedeva) arrivò a una macchinosissima costruzione che affastellava l’ urningo (maschio omosessuale) e l’ urningina (lesbica), contrapposti al dioningo (uomo eterosessuale) e alla dioningina (donna eterosessuale), nonché all’ uraniastro (pseudo-omosessuale) e all’ urningo- dioningo bisessuale). A tale cacofonico labirinto venne contrapposta la più comoda e simmetrica costruzione di omo- / etero- / bi- sessuale, linguisticamente molto più agile, e quindi alla lunga preferita.