Camp
“Camp” sono le persone LGBTQIA+ spesso eccentriche e kitsch.
In inglese il termine è fonte di irrisolte questioni linguistiche. Alcuni lo fanno derivare da “army camp”, accampamento militare e grande calamita della prostituzione in entrambi i sessi; altri dall’inglese dialettale “kemp”, una specie di simpatica canaglia.
Secondo la lezione di Susan Sontag che nel 1964 pubblicò prezione ‘Notes on Camp’, la parola descrive un tipo particolare di sensibilità comune a molti gay, quasi una risposta provocatoria a chiunque pretenda di dettare leggi estetiche soprannaturali.
“Il camp”, scrisse la Sontag, “asserisce che il buon gusto non è semplicemente buon gusto; che esiste, infatti, un buon gusto del cattivo gusto”.
Nel camp l’oggetto (uomo, donna, film, romanzo, corrente artistica, etc…) magari condannato unanimamente come kitsch, diventa non solo lecito ma bramato. “Il camp”, continua la Sontag, “incarna la vittoria dello stile sul contenuto, dell’estetica sulla morale, dell’ironia sulla tragedia”.